Lo Sport in Francia, secondo me - Viaggio nel mondo sportivo francese e confronto con quello italiano (di René Capovin)

Pubblico ora con grande piacere il primo articolo di una rubrica pensata e realizzata con l'amico René Capovin. René è uno dei più fedeli lettori di Blog-In. Vicentino, vive e lavora in Francia da qualche anno e grazie alla sua passione per lo Sport e all'esperienza sul campo, ci offre uno spaccato di quella che è la realtà sportiva francese, confrontata con quella di casa nostra. Dai campetti di periferia allo sport d'elite, passando per la realtà dei media sportivi transalpini, René presenta un'analisi suggestiva, ricca di spunti per l'infinito confronto Italia vs Francia.

              Vivo in Francia da tre anni, gioco in una squadretta di pallacanestro, guardo sport su canali francesi, dello sport in Francia qualcosa mi sembra di aver capito ma dal basso, non ho fatto ricerche particolari per cui quanto dico va preso con beneficio di inventario.
              La differenza più grossa tra Italia e Francia è a livello di commenti. I giornalisti e i commentatori francesi sono, rispettivamente, dei giornalisti e dei commentatori. Ieri sera ho visto il massacro subito dalla nazionale francese di basket (non ingannino i 18 punti di scarto, potevano tranquillamente essere trenta o più) e posso assicurare che un tiro da tre all'inizio del secondo quarto che portava la Turchia a più 12 è stato sottolineato con un quasi urlo, tanto era stato difficile e spettacolare (lo aveva fatto Ilyasova, i cui tiri in effetti hanno una parabola incredibile, altissima). Non che i giornalisti non siano mai tifosi, ma lo sono in dosi accettabili e senza annullare una solida base di analisi tecnica. Per dire, l'esperto che commenta le partite della nazionale è Wenger, che per sua e mia fortuna non è né Bagni, né Mazzola, né Pecci (che almeno mi faceva ridere). A sproposito, durante i time-out ho visto un po' di tennis, il telecronista chiamava la Schiavone «Francesca» e si vedeva che la considerava un'italiana «tipica» (simpatica,  magari limitata ma generosa, efficace, umana). Questo è uno dei due «tipi», l'altro è quello dell'italiano furbo, teatrale, cinico, sporco, sleale (un incrocio tra Inzaghi e Materazzi, per quanto l'esempio più calzante, anche se fortunatamente pressoché sconosciuto all'estero, restano i gemelli Filippini, con magari Colonnese come special guest). C'è anche da dire che la RAI probabilmente non ha paragoni nel resto d'Europa, spettacolini osceni come il duetto Galeazzi-Costanzo o il salotto animato (si fa per dire) dalla Vaccari per le Olimpiadi di Vancouver non sono visibili oltre confine. Non parliamo dei quotidiani, dove se possibile la differenza è ancora più grande. Su L'Equipe online di oggi c'è uno che analizza la sconfitta della nazionale di basket, dove l'accento va su «analizza»: rispondendo ad alcune domande poste dai lettori, cerca di individuare cosa non ha funzionato nell'atteggiamento complessivo, in difesa, in attacco, nei singoli etc. Sulla Gazzetta hai la cronaca con un po' di brevi e forzatamente sommarie interpretazioni, e in basso (spesso giustamente in basso) commenti a mano anche troppo libera dei lettori. 
              Ma veniamo almeno un po' allo sport giocato. Quali sport, anzitutto. Per esempio qui in Provenza è popolare, a parte il rugby (non tanto, il rugby è roba da sud-est, verso Tolosa), la pallamano e quella cosa che io non riesco a non chiamare «volano» (in giro vedo spesso gente con l'aria da studente che ha la racchettina nello zaino. Per dire, io non so manco come si gioca e mi rifiuto di saperlo, per me è come il golf, definito da mio suocero, in dispregio al politically correct, «sport per handicappati»). Sabato e domenica i campi da calcio della città in cui vivo (Salon de Provence) sono rigorosamente aperti e pieni di arabi (qui ci sono soprattutto algerini), direi che il calcio è roba loro. Il che significa anche mia, vivendo io nel loro quartiere, solo che non ho più la gamba di un tempo e tecnicamente sono davvero bravi. E non la passano mai. Le piscine (città di 40.000 abitanti, ce ne sono 2 pubbliche, più una di una scuola e un'altra della scuola di aviazione) sono affollate ma non tanto per i corsi mi pare, la gente ci va, paga (pochissimo: quella di fronte a casa mia costa 1 euro e rotti) e poi o nuota o sta ammollo. I francesi che ho conosciuto io, in media, non è che abbiano molta voglia di faticare. Le cose cambiano verso Grenoble, là vanno forte bici e sci e sento aria di casa (io sono di Schio, provincia di Vicenza). 
Alain Bernard
              Ma quello che più interessa al lettore, temo, è perché ultimamente i francesi siano così forti nel nuoto, nell'atletica, negli sci etc. Non lo so. A occhio direi che hanno più soldi e li spendono meglio quando si tratta di coltivare i talenti, cosa che è diventata sempre più decisiva. Da dire che esistono scuole secondarie per studenti che vogliono fare sport professionistico, ma ci sono da vari anni e questo non spiega i recenti exploit, semmai è un argomento a favore della tesi secondo cui non basta (e forse non è nemmeno necessario) avere una base vasta per vincere le medaglie. Secondo me questo è l'elemento decisivo: spesso si dice che per avere campioni bisogna costruire un movimento, cioè in primo luogo un grande numero di praticanti, ma questo non spiega come sia possibile che sistemi sportivi talmente grandi da non poter essere radicalmente cambiati in pochi anni possano dare, in rapida successione, risultati tanto diversi. Tre anni fa l'atletica francese sembrava morta e il nuoto fino alla Manaudou era sempre stato uno sport poco francese (eppure gli impianti c'erano già, e molti di più che in Italia). Insomma la mia idea, in generale, è che lo sport d'élite vada valutato con criteri «d'élite», che sono più imprenditorial-industriali che sportivi. Costruire un movimento significa semplicemente avere soldi, strutture, tecnici bravi e materiale decente, il resto (le medaglie) verrà da sé. Per cui non la farei tanto lunga con una presunta diversità culturale del modo in cui i francesi vivono lo sport per spiegare perché ultimamente sono in ascesa in alcune specialità. Non che le diversità non ci siano, un po' ho cominciato a descriverle e la scritta enorme «Respectez l'arbitre» su un muro dietro una porta di uno stadietto vicino ai confini col Belgio dice già tanto se non tutto, ma queste diversità «alla base» hanno poco o niente a che fare con il vertice del sistema, sono mondi troppo diversi. Semmai si potrebbe sostenere che lo sport di vertice in Francia oggi è organizzato meglio che in Italia perché, in generale, in Francia sanno organizzare le cose meglio che in Italia (da un certo punto di vista, si potrebbe dire che in Francia sanno soprattutto organizzare). Penso che questo sia grosso modo vero, il che significa che il futuro si annuncia nero per chi dà molta importanza al confronto tra medagliere italiano e medagliere francese. Sono comunque tutte idee da verificare, magari nelle prossime puntate. Intanto segnalo un interessante articolo tecnico centrato proprio su una comparazione tra l'élite natatoria giovanile italiana e francese:


Share on Google Plus

About Simone Salvador

This is a short description in the author block about the author. You edit it by entering text in the "Biographical Info" field in the user admin panel.

0 commenti:

Posta un commento