I mille modi di far classifica - I modi per determinare la classifica di un campionato di calcio (di Rado il Figo) - 1^ parte

"Un punto che muove la classifica". Quante volte nelle solite, ripetitive interviste post-partita abbiamo sentito allenatori, giocatori e dirigenti utilizzare questa frase. Spesso diamo per scontato che il sistema dei "3 punti a vittoria, 1 punto per il pareggio e 0 per la sconfitta", introdotto in Serie A a partire dalla stagione 1994/1995, sia quello universalmente utilizzato.
Grazie all'ottimo lavoro di Rado vedremo come, in realtà, ci siano svariate metodologie di compilazione delle classifiche dei campionati di calcio. Un excursus estremamente interessante che permette di capire quali sono stati i criteri e gli accorgimenti adottati dalle varie Federazioni per rendere più equi, spettacolari i campionati o semplicemente per evitare/limitare combine e risultati aggiustati. Si parte dal metodo tradizionale (inglese) e si arriva fino al cervellotico metodo argentino.

PRESENTAZIONE - Tranquilli: in realtà sono molto meno di mille, per vari motivi. Andiamo con ordine: scopo di quest’analisi è illustrare diverse metodologie di compilazione della classifica di un campionato di calcio, applicate ai risultati della Serie A 2012/13. Le metodologie usate non sono tutte le alternative esistenti o esistite (anche solo sulla carta, nel senso di fermatesi a mere proposte), essendomi limitato a quelle, fra quante di mia conoscenza, applicabili a un campionato strutturato come la Serie A (girone all’italiana con gare di andata e ritorno); sono pertanto rimaste escluse quelle che prevedono delle appendici post stagione, variamente denominate (play off, play out, poule scudetto, poule retrocessione, spareggi, ecc.). Alla fin fine, sono state trattate le diverse vie di attribuzioni di punteggio più che delle posizioni di classifica, per quanto le prime necessariamente influiscano sulle seconde.
Solitamente si è portati a discostarsi dalla tradizionale assegnazione dei punti in ragione di 2 per vittoria, 1 per pareggio e 0 per sconfitta, per valorizzare il gioco d’attacco, cercando di premiare maggiormente le vittorie e/o il numero di reti segnate ovvero di penalizzare il pareggio, arrivando alla soluzione estrema di eliminarlo del tutto. È però significativo ricordare che di tutte le alternative possibili, studiate e applicate, sia stata solo una, la più semplice, a reggere la prova del campo e del tempo, tanto da essere oggi giorno universalmente (ri)conosciuta come la nuova assegnazione “normale” dei punti: parlo del metodo “inglese”, com’era noto quando venne alla luce (proprio perché applicato nei campionati d’Oltre Manica), che si differenzia dalla tradizione per assegnare 3 punti, e non 2, alla vittoria. Tutte le altre attribuzioni hanno avuto vita breve, solitamente ristretta a una sola federazione e per non più di un paio di stagioni, se non addirittura arrestatesi dopo una singola esperienza.
Un’avvertenza è necessaria: bisogna ricordare di leggere le classifiche che saranno generate dalle metodologie alternative sempre in senso relativo e mai assoluto, in quanto le squadre di Serie A hanno giocato le partite avendo come base di riferimento l’attribuzione (ormai) classica dei punti: è chiaro che una diversa potrebbe aver generato una altrettanto diversa classifica, di giornata in giornata, influenzando così l’impegno speso in ogni incontro. Una squadra salva nella “realtà” subisce più a cuor leggero una sconfitta, magari non dannandosi eccessivamente l’anima alla ricerca di un pareggio per lei ormai inutile: viceversa, con un’attribuzione diversa dei punti, la salvezza non sarebbe stata ancora certa e probabilmente la sconfitta finale “reale” si sarebbe potuta “trasformare” in un risultato diverso. In sintesi, quest’analisi ha più che altro lo scopo d’illustrare come si può far pesare in modo diverso un uguale insieme di risultati, assoluti e relativi, e non quello di presentare classifiche alternative da sostituire a quella reale.

RIGORI E SUPPLEMENTARI – Come anticipato, ho limitato la mia analisi alle sole attribuzioni applicabili alla Serie A. Tuttavia, per non ridurne drasticamente il numero, ho deciso di mantenere anche quelle che prevedono gli eventuali tiri di rigore (non sempre e non solo previsti al termine di un pareggio). Per simulare l’esito di questi, sono ricorso a un indice che producesse la “percentuale di realizzazione” dal dischetto delle 20 squadre di Serie A per stilare la tabella della prevalenza ai rigori per ognuna delle 190 possibili sfide. La percentuale di realizzazione è costruita partendo da quella reale di ogni squadra, cioè il numero di rigori trasformati rapportato al numero di rigori avuti a favore, “corretta” colla percentuale di realizzazione “subita” dall’avversaria, cioè il numero di rigori trasformati rapportato al numero di rigori fischiati contro l’avversaria. Chi fra le due contendenti ha la percentuale di realizzazione maggiore, prevale: in caso di parità (verificatasi solo 2 volte), conta la percentuale “pura”. P.es.: se Juventus e Napoli dovessero andare ai rigori, la percentuale di realizzazione dei bianconeri è del 76,9% e quella degli azzurri del 70,6%, per cui vincerebbe la Juventus. Come si arriva a tali percentuali? La Juventus ha trasformato 8 degli 11 rigori avuti a favore, mentre il Napoli ha subito la trasformazione di entrambi i rigori fischiatigli contro: pertanto il 76,9% bianconero è il rapporto (moltiplicato per 100) degli ipotetici 10 rigori trasformati (8 reali e 2 subiti dal Napoli) sui 13 avuti a favore (11 reali e 2 contro il Napoli). Analogamente, il 70,6% azzurro è frutto degli ipotetici 12 rigori trasformati (7 reali e 5 subiti dalla Juventus) sui 16 a favore (11 reali e 5 contro la Juventus). La tabella della prevalenza ai rigori è quindi la seguente:




La presenza del pallino in una casella indica che la squadra della corrispondente riga ha prevalso su quella della corrispondente colonna; una casella vuota fornisce, ovviamente, l’indicazione opposta; la tabella non fa differenza fra casa e trasferta. Curioso notare che le prime due classificate abbiano un pessimo rapporto (ipotetico) dal dischetto: la Juventus prevarrebbe sul solo Napoli, così come il Napoli prevarrebbe sul solo Genoa. Dall’altra parte della barricata, da sottolineare l’infallibilità laziale (tutt’e 19 i confronti vinti), e il quasi en plein atalantino (17) e granata (16).
In alcune metodologie, i rigori sono preceduti dai supplementari, comunque disputati (“normali”, col “silver” o il “golden goal”): non avendo trovato una valida simulazione, ho preferito ipotizzare che dove previsti questi terminassero sempre e comunque senza segnature.

PENALIZZAZIONI – Nella Serie A 2012/13 4 club hanno patito una penalizzazione (definitiva) di punti in classifica: Siena (6), Atalanta (2), Sampdoria (1) e Torino (1). La portata di dette penalizzazioni non può ovviamente essere riportata tale e quale nelle diverse attribuzioni: è evidente che 6 punti in meno hanno un peso diverso se, p.es., la vittoria vale 3 o 2 punti. Per “tradurre” al meglio i punti di deficit, li ho calibrati di volta in volta (segnalandoli come tradizione fra parentesi di fianco al nome della squadra) sul massimo di punti realizzabili in una singola partita, arrotondandoli all’unità più vicina o maggiore. Pertanto, se da ogni gara si potessero ricavare 10 punti, i 6 punti del Siena diverrebbero 20 (il doppio del massimo), i 2 dell’Atalanta 7 (i 2/3 del massimo arrotondati per eccesso) e l’unico di Sampdoria e Torino 3 (1/3 del massimo arrotondato per difetto).

LA CLASSIFICA REALE – Riporto qui sotto la classifica vera della Seria A 2012/13, punto di raffronto per le varie alternative. Come noto, essa assegna 3 punti alla vittoria, 1 al pareggio e 0 alla sconfitta.
















Le indicazioni cromatiche, che varranno anche in seguito, ricordano le principali conseguenze della classifica: in blu scuro, il campione d’Italia che guadagna l’accesso alla Champions League partendo dai gironi; in blu, l’altro club che farà la Champions partendo dai gironi; in blu chiaro (o azzurro), chi farà la Champions partendo dagli spareggi; in verde scuro chi farà l’Europa League partendo dai gironi (di principio, il vincitore della Coppa Italia); in verde chi farà l’Europa League partendo dagli spareggi; in verde chiaro chi farà l’Europa League partendo dal terzo turno di qualificazione; in rosso, i tre club retrocessi in Serie B (di principio, gli ultimi tre classificati). 

IL METODO TRADIZIONALE – Visto che da questo sono partite tutte le varianti, la classifica “tradizionale” assegna 2 soli punti alla vittoria, e non 3.
















Sostanzialmente, nelle posizioni che contano, non cambia assolutamente nulla. Rispetto alla classifica reale, qui si contano 3 coppie a pari merito, dove l’esatta posizione è stata risolta coll’applicazione delle norme della classifica avulsa reale, come avverrà in seguito, ovviamente variando solo i diversi punti da assegnare di volta in volta (nel caso in questione, facendo valere 2 punti anche le vittorie nei confronti diretti).

IL METODO ALBANESE - Rispetto al tradizionale, la vittoria in trasferta è premiata con 3 punti invece di 2.















Pure in questo caso, le variazioni sono minime e senza alcuna conseguenza sostanziale.

IL METODO SOVIETICOÈ concesso pareggiare non oltre un terzo delle gare giocate: dal 13° pareggio in avanti non sono più assegnati punti. O se preferite, solo i primi 12 pareggi assegnano punti.

















A rimetterci di più è il Torino, primatista stagionale di pareggi, che si vede così sottrarre 4 punti (oltre a quello di penalizzazione); più ridotto il danno per Genoa e Palermo (2 punti ognuno). In tutt’i casi non si registrano differenze sostanziali.

IL METODO BULGARO – Qui si punisce il pareggio non unito al gioco d’attacco: impattare per 0-0 non porta punti, esattamente come una sconfitta.



I 68 pareggi a reti bianche, che sottraggono così complessivamente 136 punti dalla classifica, tuttavia non incidono dove conta.

IL METODO 3,2,1...STELLA! – È l’alternativa che ha conosciuto il maggior numero di federazioni che l’hanno provata (a mia memoria, ricordo Argentina, Brasile, Norvegia, Ungheria e Italia, in Coppa) anche se poi rapidamente dismessa nell’arco di una sola stagione. Apparentemente parrebbe rispondere al meglio nel premiare la vittoria senza tuttavia penalizzare eccessivamente il pareggio. Nel dettaglio, chi vince ha 3 punti e chi perde 0; in caso di pareggio, si tirano i rigori e chi lì prevale ha 2 punti, mentre chi perde porta a casa comunque 1 punto. Si può perciò affermare che, rispetto al metodo tradizionale, la vittoria, comunque conseguita, è premiata con 1 punto in più. Il metodo parrebbe a prima vista “equo”, differenziando adeguatamente i 4 diversi esiti di una gara: tuttavia è facile immaginare come presti il fianco a possibili “intrallazzi”, basti pensare ai tristemente noti “pareggi tacitamente concordati di fine stagione” che potrebbero tranquillamente tradursi in una vittoria (ai rigori) per una squadra senza che per l’altra cambi nulla (sempre 1 punto le resterebbe in carniere).















Qui vi sono i primi scossoni, complici i rigori (e la tabella di prevalenza in questi): il Torino ne trae i maggiori benefici, raggranellando ben 15 punti in più rispetto alla classifica reale, cosa che gli avrebbe permesso di vivere un campionato assai più tranquillo; l’Udinese “sorpassa” la Fiorentina in una parte alta che, numeri alla mano, avrebbe visto dura lotta per i piazzamenti dal 2° al 5° posto, tutti racchiusi nell’arco di appena 6 punti. Nella sostanza, tuttavia, l’unica variazione è per Udinese e Fiorentina che si “scambiano” il turno di partenza in Europa League.

IL METODO GIAPPONESE – Nel Sol Levante si fanno pochi ghirigori: prevale in classifica chi vince di più. Pertanto la vittoria comunque conseguita (al 90’, ai supplementari o ai rigori) vale sempre 1 punto e, parallelamente, la sconfitta, comunque patita, non porta punti. Metodo “crudele” che ignora così le mezze misure.















Il secco “vinci o perdi” applicato a ogni gara porta ai prevedibili scossoni in classifica: il Milan centra il 2° posto, a pari merito coll’Udinese su cui prevale per differenza reti complessiva, essendosi registrate nei confronti diretti due vittorie interne per 2-1; soprattutto la Juventus conquista sempre lo scudetto ma con solo due lunghezze di vantaggio. La Lazio è ora 4ª a quota 25, quindi a solo -3 dalla Juventus e -1 da Milan e Udinese. Il Napoli crolla al 5° posto, a causa della scarsa mira dal dischetto, e prevale sulla Fiorentina, ora 6ª, solo per differenza reti nei confronti diretti (terminati con 1 vittoria a testa, quella viola però ai rigori). Il Torino s’issa fino al 7° posto, grazie alle 15 vittorie ai rigori; in coda, il Palermo si salva per un punto e retrocede il Genoa, sopravanzato pure dal Siena cui sono stati fatali i 2 punti di penalizzazione. Nel complesso, le ultime 4 classificate sono raccolte nello spazio di soli 2 punti.

IL METODO JUGOSLAVO – Rispetto al precedente giapponese, differenzia le vittorie ottenute al 90’ da quelle conseguite ai rigori: alle prime vanno 2 punti, alle seconde 1 solo. In pratica, solo chi (comunque) vince “conserva” i punti tradizionali.















Pur colla minima variante suddetta, qualche differenza significativa comunque resiste: il Milan è secondo e il Napoli terzo; l’Udinese strappa per differenza reti nei confronti diretti il quarto posto alla Fiorentina; il Torino “rientra nei ranghi”; in coda il Genoa si salva ma solo grazie alla penalizzazione patita dal Siena.

IL METODO USA 1 – Si differenzia dal precedente iugoslavo per assegnare 3 punti, e non 2, alla vittoria “non ai rigori”















Si annota qualche differenza sostanziale: Napoli e Milan, per la Champions, e Fiorentina e Udinese, per l’Europa League, si “scambiano” il turno di partenza; ancora una volta retrocede il Siena su cui pesa in modo determinante la penalizzazione, senza la quale la Serie B sarebbe toccata al Genoa.

Rado il Figo


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