Wimbledon 2012 - Federer batte Djokovic: l'ennesima stretta di mano alla storia (tennisworlditalia.com)

Federer conosce la Storia, esatto, quella con la S maiuscola, tempo fa. Su date del genere poche volte si è concordi; io proporrei il 2 luglio del 2001. Un giovane con più talento che acne detronizzava uno yankee, tale Pete Sampras, dal fidato giardino. 11 anni e una manciata di giorni dopo..
A Londra piove. Beato l’ideatore del tetto, sempre sia lodato. Ha fatto in modo che una copertura costata l’ira di Dio possa racchiudere le emozioni di un giorno afferrato e porto alla storia. Perché no, il tetto è plausibile anche per queste evenienze. A Londra piove, la città probabilmente piange la dipartita prematura del numero 1 o l’ennesima scrittura negli annali del numero 3. Intanto piange alle 14 e continua a farlo dopo due ore e mezza, per un’accozzaglia di entrambi questi sentimenti.

Due anni di sofferenza nel torneo di casa, il giardino in cui Federer si rivela al mondo quando, ancora con il baffo da adolescente incallito di tennis spinge Sampras verso l’uscita dal “suo” campo e si presenta al tennis che conta, quello degli spintoni, dei soldi e delle grandi gioie. Undici anni dopo quello storico trionfo, la storia si riscrive. Federer avrà preparato tutto a puntino, che sublime pianificatore, in modo da far combaciare ogni tessera del puzzle.
E’ giusto aspettare se un venerdi tetro può regalarti uno scontro da antologia con il numero 1 del mondo, che ti ha battuto a Parigi poche settimane prima, che conduce negli scontri diretti per 14-12 anche se mai su erba, in una vittoria che può offrirti l’ottava finale all’All England Club spodestando quel signore yankee che sopra hai battuto, raggiungendo sempre quel signore in vetta al numero di settimane all-time in vetta alla classifica a quota 286 se dovessi vincer la finale. E poi, perché no, forse vuoi ancora assaporare il brivido di perder da qualcuno di nuovo in finale Slam: le hai giocate per 24 volte e ne hai perse sette, ma sempre con Nadal e una con Del Potro. Siamo in tema di storia: hai 31 anni, eguagli Connors, l’unico in grado di raggiungere la finale ai Championships come over 30 nel 1984, un’era fa. Mica male. A Wimbledon Roger Federer è a casa.
Come vi sentireste se due omaccioni di quasi due metri vi impedissero l’accesso a casa? Nel 2010 e nel 2011 è successo con Berdych prima e Tsonga poi. Il 2012 è l’anno della nuova consacrazione, nonostante i due set persi con Benneteau, i medical timeout con Malisse e il timore di dover affrontare in uno Slam uno dei due signorotti contro cui tutti lo danno per spacciato. Djokovic, ieratico numero 1 del mondo, d’altronde potrebbe essere il primo dopo Federer ad un clamoroso back-to-back a Londra.

IL MATCH - Primo game, bam bam bam. 1-0. I primi tre games vedono i giocatori contratti: è il servizio a far la voce grossa. Entrambi costruiscono movimenti brevi in risposta, sensazione insolita soprattutto per il serbo che, nei primi tre turni di battuta, porta a referto tre soli punti sul servizio dello svizzero. Ancora più deficitario il livello di quest’ultimo però, autore di un solo punto nei primi due turni. La svolta del set, sul 3-2, momento in cui Federer riesce a sfruttare la prima palla break del match e a condurre sul 5-2. Chiamato alla prova del nove per portare a casa il set sul 5-3, la risposta con altoparlante del giocatore di Basilea è condita da ace, una spruzzata di due servizi vincenti e un dritto in campo aperto. Federer paradisiaco nel primo set, cinico al servizio, gioco scevro di errori e 25 minuti di spettacolo, se non altro da una parte del campo.
Il secondo set vede primo black out dello svizzero. Lo scambio si allunga e Djokovic è perentorio: fa valere lo strapotere fisico che ovviamente soppianta il gioco breve dell’avversario. Sull’1-0 in suo favore, si innalza sullo 0-40 e chiude alla seconda occasione utile. Un parziale di 12 punti a 3 permette al giocatore di Belgrado di mettere la testa avanti e condurre per 3-0. La risposta, figliolina prodiga, è tornata, il gioco del serbo ne beneficia. Djokovic è dominante: concede un solo punto allo svizzero in tre turni di battuta, oltretutto per via di un doppio fallo. Non un sussulto, emozioni al lumicino accompagnano la fine del parziale, che replica il punteggio del primo set, a parti invertite. Federer cala sul suo cavallo di battaglia, il servizio, mentre Djokovic è intoccabile. Un plus/ minus di +9, accompagnato da una risposta degna degli albori gli permette di incamerare il secondo set. Federer porta a casa tre soli punti sul servizio in tutto il set, emblematico.


Il terzo set vede, al principio, il game fino ad ora più lottato. E’ Federer nella parte, scomoda, dello scialacquatore, sbagliando una risposta sulla seconda di Novak sul 30-30 e un dritto comodo alla prima palla break del parziale. Ivanisevic, in tribuna, sbircia minaccioso il cellulare della donzella di fianco, ahi i tradimenti. Il 3-2 per Federer è un’istantanea del torneo: il gioco più emozionante del match vede Djokovic innalzarsi sul 30-0, cedere una palla break, annullarla attraverso un dritto di Federer nello scambio più bello del torneo; anzi no, Federer arriva a seconda palla break, annullata anch’essa, dopo un nastro spudoratamente serbo, con una pagina di antologia del tennis in mano. Le occasioni non sono però sfruttate e Novak aggancia Federer sul 3-3. Djokovic è l’impersonificazione sul Monte Tabor: soffre enormemente sui suoi turni di servizio ed è costretto a capitolare, perentorio, alla prima palla break concessa sul 4-5, per rimanere nel set, tramite uno smash basilare sbagliato goffamente e concedendo il parziale allo svizzero. Roger è ritornato a servire con percentuali superiori al 70% nel terzo set dopo un calo nel secondo parziale. Il tutto coincide con due suoi trofei in entrambi i set.

Il quarto set si apre sotto l’incessante suono di un allarme per il serbo: stordito, perde completamente le staffe e, sull’1-0 per lo svizzero, si trova a boccheggiare per 0-40 e, benchè un dritto spaventoso sulla prima palla break, alla seconda si è costretti a capitolare e a perdere il servizio per la seconda volta consecutiva, consegnando le chiavi della semifinale allo svizzero, involatosi intanto sul 3-0 più per demeriti di Djokovic che per altri fattori contingenti. Djokovic è annichilito, a testa bassa a rincorrere le scorribande di Federer. Il braccio si scioglie, la partita è fluente e lineare. Novak, sotto lo sguardo perplesso di Vajda, sembra lasciarsi sfuggire la partita: lo sguardo è privo di cattiveria, quasi rassegnato. Annulla cinque palle break sul 4-1 ma Federer è su una nuvola. Lo attende la storia e cresce, portato da ace, seconde palle e vincenti. Federer conclude un set immacolato, zero errori all’attivo. La finale è sua, lo aspetta. Un nastro sul 15-15 del 5-3 sembra dissolvere il sorriso sul viso di Mirka, non è così. Una risposta ad una prima di servizio si spegne al di sotto del nastro e consegna l'intero centrale di Wimbledon alle braccia alzate dello svizzero.
C'è lo zampino della storia se Federer conclude il match con soli 9 errori non forzati e 30 errori e Djokovic sbaglia il doppio di te.
Djokovic è ammaestrato, docile animale nelle grinfie del predatore. Persa la cattiveria e la trance agonistica, fautrice principale dei suoi successi per tutto il 2011, Djokovic è sceso dal trono, ora a dividerlo con altri due personaggi. Oggi la sua partita ha peccato di concentrazione e di scelte tattiche sbagliate, come la sfida sullo stesso terreno di Federer, piuttosto che sfruttare il vantaggio comparato che gli viene dallo scambio prolungato. Roger, dal canto suo, va per il 17esimo titolo Slam a compimento di due settimane discrete culminate con la partita perfetta, tornando a riassaporare una finale Slam dopo quella dell’anno scorso a Parigi. Potrebbe vincere un Major dopo due anni dallo Australian Open del 2010 vinto su Murray. L’erba è la sua superficie: pur giocando per un solo mese all’anno qui, le sue finali sulla superficie sono 14, di gran lunga il giocatore in attività con il palmarès migliore. Sono 8 a Wimbledon e 6 ad Halle.

Tante altre parole potrebbero esser consone a descrivere una partita che passa agli annali, esaltare uno spettacolo avvincente ed idolatrare una figura idiomatica del tennis passato e presente. Roger Federer ha riscritto la storia ancora una volta, l’ennesima dopo aver compilato quasi interamente il libro dal 2001.
Dio salvi la Regina è usuale dire a Piccadilly e dintorni durante tutto l’anno. In questi quindici giorni forse è probabile captare Dio salvi Roger Federer dalle parti dell’All England Club.

Federer-Djokovic 6-3, 3-6, 6-4, 6-3


Ed ecco il video con l'ultimo punto del match e l'uscita dal campo dei due protagonisti:

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