Italia campione del mondo: il Mondiale del 1938 (di Matteo Bodei)



Dopo il primo speciale dedicato al successo azzurro al Mondiale del 1934 (vedi), ecco il secondo racconto firmato Matteo Bodei. Il Mondiale 1938 disputato in Francia, finito col secondo trionfo consecutivo dell'Italia (il terzo se si considerano le Olimpiadi del 1936). Un pezzo appassionante, ricco di riferimenti, aneddoti e curiosità. Dall'inventore del doppio passo all'italiana Biavati al leggendario Leonidas Da Silva, passando per il grande Silvio Piola. Come sempre un sentito Grazie a Matteo per le sue chicche d'annata!

Dagli studi del matematico pisano Leonardo Fibonacci deriva il famoso detto: non c’ è due senza tre (nel senso che tra due numeri in successione il terzo sarà sempre la somma dei primi due) e, per non smentire gli studi del nostro famoso connazionale, la Nazionale azzurra guidata da Vittorio Pozzo fece esattamente ciò: dopo il Mondiale conquistato in casa nel 1934 e l’ oro olimpico dei Giochi del ’36 a Berlino, centrò il bis mondiale imponendosi come la squadra più forte dell’ epoca e come una delle più forti nazionali della storia del calcio moderno.
I mondiali del 1938 furono organizzati dalla Francia e fu un assegnazione, come sempre del resto, non senza polemiche. L’ Argentina infatti, convinta di poter riportare nel continente sud americano la manifestazione, ritirò per protesta la squadra e l’ Uruguay, che non aveva difeso il titolo neppure alla rassegna di quattro anni prima, si rifiutò di partire per il Vecchio Continente. La manifestazione, disputatasi dal 4 al 19 giugno, coinvolse dieci città francesi (Parigi con 2 stadi, Le Havre, Antibes, Bordeaux, Lille, Marsiglia, Reims, Lione, Tolosa e Strasburgo) e verrà ricordata come la prima edizione in cui il paese ospitante e la squadra detentrice del titolo vennero iscritte senza dover passare dalle qualificazioni. Delle sedici squadre partecipanti al debutto assoluto erano le Indie Olandesi (l’ Indonesia), la Polonia, Cuba e la Norvegia che vennero eliminate tutte al primo turno.
La formazione italiana presentava solamente tre elementi della vittoriosa spedizione di quattro anni prima: l’ inossidabile Meazza (ancora nel pieno della maturità agonistica), l’ esperto Giovanni Ferrari e il piemontese Eraldo Monzeglio (che a fine carriera diventerà allenatore personale dei figli del Duce), mentre erano invece quattro quelli che facevano parte della squadra olimpica: la storica coppia di terzini della Juventus composta da Alfredo Foni e Pietro Rava, il bresciano Ugo Locatelli vincitore di due scudetti con l’ Ambrosiana- Inter e il genoao Sergio Bertoni. A questa lista mancava però uno dei protagonisti indiscussi della rassegna a cinque cerchi, il friulano Annibale Frossi (era nato nel 1911 a Muzzana del Turgnano) che in terra teutonica aveva trascinato la formazione di Pozzo ad uno storico successo  laureandosi  capocannoniere della manifestazione con 7 reti in sole 4 partite. Nonostante una media gol spaventosa (8 reti in 5 gare con la maglia azzurra) venne dimenticato dal ct Pozzo che gli preferì il duo formato da Silvio Piola e Gino Colaussi (gli autori dei gol decisivi nella finale di Parigi). A completare una rosa a dir poco formidabile c’ erano il veneziano Pietro Serantoni, il centrocampista uruguagio  Miguel Andreolo  (4 scudetti vinti con il Bologna del presidente Renato Dall’ Ara) e il celebre inventore del doppio passo all’ italiana,il funambolico dribblatore Amedeo Biavati.
Il cammino azzurro non fu affatto semplice. Già agli ottavi di finale dovettero sudare le proverbiali sette camicie per aver ragione di una coriacea Norvegia.  Soltanto un gol ai tempi supplementari  di Silvio Piola, il più grande goleador della storia del campionato italiano con 274 marcature, ci regalò il passaggio del turno. Da ricordare due fatti curiosi: la gara tra l’ Austria e la Svezia non venne disputata a causa dell’ Anchsluss (cioè dell’ annessione) della nazione asburgica da parte della Germania nazista e  l’ incontro tra il Brasile e la Polonia rimarrà negli annali come la partita ad eliminazione diretta con più reti (la gara terminò 6 a 5 per i verde oro).
Nei quarti di finale Meazza e compagni dovettero affrontare i padroni di casa della Francia, non una formazione trascendentale ma sicuramente di tutto rispetto. Ad inizio partita ci fu subito un botta e risposta tra le due formazioni con i gol di Colaussi e l’ immediato pareggio di Heisserer, ma nella ripresa una doppietta del solito Piola sistemò le cose regalandoci una semifinale storica contro il fortissimo Brasile.
I nostri avversari, i maestri brasiliani del Futebol, erano talmente convinti della loro superiorità che avevano già prenotato i biglietti aerei (la gara si disputò infatti al Velodrome di Marsiglia) per la finale di Parigi ancor prima di disputare l’ incontro. Il ct sudamericano Adhemar Pimenta, già sicuro di fare un sol boccone dei poveri azzurri, lasciò a riposo il suo giocatore più rappresentativo, Leonidas da Silva, il capocannoniere del mondiale transalpino con le sue 7 reti, il primo giocatore a realizzare un poker di reti in un match, il giocatore a cui lo scrittore uruguagio Eduaro Galleano dedicò la seguente frase: “I gol di Leonidas erano talmente belli che persino il portiere avversario si rialzava per congratularsi”, soprannominato il diamante nero per la purezza della sua tecnica accostata al colore della sua pelle, rimase tutta la partita in panchina e dovette assistere impotente alla più incredibile delle sconfitte.
Le reti di Colaussi e di Meazza piegarono un Brasile a cui non bastò la rete nei minuti finali di Romeu (l’ inventore del “Passo De Ganso” o “Pedalada”) e che dovette dire così addio ai sogni di gloria. Scottata ed offesi da questa incredibile debacle la Selecao si rifiutò di cedere agli azzurri i biglietti aerei e così la squadra di Vittorio Pozzo dovette raggiungere Parigi in treno.

Nell’ atto finale della manifestazione, disputato alla stadio Yves-du-Manoir davanti a 60.000 spettatori, gli italiani dovettero affrontare la temibile Ungheria che si era sbarazzata con un agevole 5 a 1 della Svezia. La gara fu senza storia e le doppiette di Silvio Piola (il miglior goleador nella storia della Pro Vercelli, della Lazio e del Novara) e di Colaussi, diedero il secondo titolo mondiale consecutivo e la consacrazione dell’ Italia come la squadra più forte del decennio.
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About Simone Salvador

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1 commenti:

  1. Provvediamo un po' a correggere qualche errore:

    - Cuba non fu eliminata al primo turno, ma lo superò ai danni della Romania
    - Brasile-Polonia 6-5 non è la gara ad eliminazione diretta col maggior numero di reti della storia, primato che spetta ad Austria-Svizzera 7-5, quarti di finale del 1954. Fra l'altro le 12 reti furono segnate tutte nei 90' regolamentari, mentre per il 6-5 si ebbe bisogno dei supplementari
    - Leonidas non fu il primo a segnare 4 reti in una gara del Mondiale (s'intende la fase finale). Il primo fu il polacco Wilimowski, proprio nel 5-6 contro il Brasile. Anzi, Leonidas non ha mai segnato una quaterna

    Per quel che riguarda le assenze delle sudamericane e di Leonidas contro l'Italia, ho altre versioni diverse ma non la sicurezza che siano quelle corrette.

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