A distanza di qualche giorno dalla conclusione del tanto discusso Giro di Padania, ritorno brevemente sull'argomento per alcune considerazioni finali. Ho ricevuto alcune mail sul tema, pertanto cerco di esprimere la mia posizione nel modo più chiaro e diretto possibile. Aggiungo che sposo appieno i concetti espressi nell'articolo apparso mercoledì 14 settembre sul Corriere della Sera.it a firma Paolo Tomaselli (vedi).
1. Ogni forma di violenza fisica e/o verbale va condannata in modo assoluto, senza se e senza ma. Tuttavia, qualsiasi forma di protesta e/o dissenso civile e urbana è assolutamente legittima. Monsieur Lapalisse, ma occorre partire da qui.
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Renzo Bossi, cerimoniere della corsa, con Ivan Basso |
2. Dal punto di vista del posizionamento nel calendario internazionale, il Giro di Padania ha colmato un vuoto lasciato da alcune corse "saltate" per motivi economici. In ottica Mondiale è una corsa utile per corridori e Ct. Tuttavia, per i motivi che andrò a spiegare nei punti successivi, questa corsa non doveva esserci e non doveva essere approvata dalla FCI.
3. Gli atleti che vi hanno preso parte hanno semplicemente svolto il loro mestiere. Certo, coloro i quali non erano d'accordo con l'imprimatur o comunque con la matrice chiaramente politica della manifestazione avrebbero potuto "scioperare", ma è un'ipotesi molto accademica. Altri corridori, invece, sono divenuti simboli/testimonial di questa corsa attraverso dichiarazioni esplicite e scatti fotografici inequivocabili. Per loro poche scusanti e molte, legittime critiche da tanti (ex) tifosi. Tra questi Ivan Basso, vincitore della corsa.
4. Fatte queste doverose premesse, la mia opinione è che il Giro della Padania rappresenti una palese strumentalizzazione politica di una disciplina sportiva e pertanto non abbia ragion d'essere. Trattasi infatti di una forma grossolana di propaganda da parte di un partito secessionista che ha voluto organizzare questa corsa in contrapposizione ai festeggiamenti per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Soltanto per queste ragioni, la Federazione avrebbe dovuto negare l'ok alla corsa. Invece, per ragioni politiche e d'opportunità ha operato esattamente al contrario. Come scritto, la politica nello sport esiste ed esisterà sempre. Per certi versi è (purtroppo) necessaria (si pensi all'assegnazione dei grandi eventi sportivi). Tuttavia, è assolutamente deprecabile, oltre che vagamente nauseante il fatto che lo sport possa piegarsi alla più bieca propaganda politica. Il Giro di Padania non può essere nemmeno lontanamente paragonato a corse di carattere regionale (Giro di Catalogna, dei Paesi Baschi, ecc.) e non trova certo legittimazione dall'esistenza delle stesse. Queste corse rappresentano delle vere regioni, con una loro precisa identità storica e culturale. Giova ricordare a qualcuno che la Padania non esiste. essendo a sua volta un'invenzione propagandistica dello stesso partito secessionista. Chiunque abbia studiato i principi basilari del diritto sa che uno degli elementi costitutivi di uno Stato (o degli altri enti locali) è rappresentato dal Territorio. Elemento inesistente nella fantomatica Padania. Qualcun altro ha paragonato il Giro di Padania al GP Liberazione del 25 aprile. Anche qui giova ricordare che il 25 aprile è Festa nazionale e la corsa si svolge per celebrare una data fondamentale della storia italiana.
Per questi motivi, l'unico paragone vagamente possibile per il Giro di Padania è quello con una qualsiasi corsa organizzata a fini propagandistici in qualche Paese a basso tasso di democrazia. Tuttavia anche in questo caso il paragone non sarebbe totalmente appropriato visto che un eventuale corsa si svolgerebbe comunque su un territorio realmente esistente. Diciamo che l'affinità principale resterebbe quella propagandistica.
5. Qualcuno ha sostenuto che sarebbe bastato cambiare il nome alla corsa per non sollevare tutto questo vespaio. Sarebbe cambiata la forma, ma la sostanza e soprattutto il fine politico-propagandistico della corsa sarebbe rimasto il medesimo. Renzo Il Trota Bossi avrebbe dato il via alla corsa, la maglia verde sarebbe rimasta tale, ecc. La corsa sarebbe stata quindi una forma di propaganda ancora più ipocrita e subdola.
6. In definitiva, qualsiasi invasione e strumentalizzazione della politica nel campo sportivo per fini meramente propagandistici va condannata nel modo più assoluto. Il Giro di Padania non può esistere. O meglio, può esistere se organizzato dalla Lega Nord in una delle sue feste estive, ma senza il beneplacito della FCI e senza corridori professionisti.
Finisco dicendo che il rapporto tra il senatore leghista Davico e il presidente FCI Di Rocco è talmente stretto che in occasione della presentazione della maglia azzurra per i Mondiali di Copenaghen, lo stesso Davico era presente in qualità di cerimoniere. Non c'è quindi da stupirsi se sulle maglie italiane campeggi un bel po' di verde. E non c'è da meravigliarsi neppure se in molte corse disputate nel nord Italia (Mondiali compresi) siano spesso presenti bandiere della Lega Nord e della Padania.
Sarà retorico e ampolloso, ma il ciclismo appartiene alla gente, non certo alla politica e tanto meno ad un partito secessionista.
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