Intervista a Massimo De Luca: il rapporto Calcio & Tv (in esclusiva per Stone Island Football blog)

Pubblico ora l'introduzione a quello che ritengo l'articolo più importante che abbia mai scritto (presente anche sulla homepage e all'interno di Gazzetta.it). Si tratta di un'intervista esclusiva a Massimo De Luca, uno dei professionisti più seri e preparati nel mondo del giornalismo sportivo. In occasione dell'uscita del libro "Sport in Tv - storia e storie dalle origini a oggi" (presentato la scorsa settimana al Salone del Libro di Torino), scritto assieme all'amico Pino Frisoli (vedi il suo blog) e ideale prosecuzione de "La Tv per Sport" scritto dallo stesso Frisoli, ho avuto modo di toccare diversi temi.
Un'intervista in cui si è parlato dell'evoluzione dell'informazione sportiva con particolare rfierimento a quella calcistica. Dagli albori della Tv alla nascita delle Pay-Tv, passando per l'abuso della moviola e i telecronisti-urlatori di oggi, confrontati con quelli di un tempo. Personalmente è stato un onore poter intervistare uno dei giornalisti di cui ho più stima, capace di rilanciare con stile e competenza la Domenica Sportiva. Un ringraziamento a Massimo De Luca per la cortesia e disponibilità e a Pino Frisoli per aver fatto da tramite.


Massimo De Luca, nel libro parla delle “mille vite della Domenica Sportiva”, programma che seppur in via sperimentale è nato prima (1953) dell’inizio delle trasmissioni Rai. Nonostante gli enormi cambiamenti avvenuti nel corso degli anni a livello mediatico-calcistico (Pay-Tv, internet, anticipi, posticipi), la Ds c’è sempre e grazie alla sua conduzione è tornata a segnare ottimi ascolti. Qual è il segreto di questa longevità ? 
Proprio perché c’è sempre stata, la DS è connaturata alle abitudini del pubblico. Certo, era in declino (basta riguardare gli ascolti). Averla riportata al centro del dibattito calcistico domenicale, senza snaturarne la qualità, è un investimento destinato a fruttare anche in futuro. I giovani se ne stavano allontanando. Averli riconquistati, in percentuali significative, significa aver effettuato una nuova semina, i cui frutti matureranno e si vedranno anche a distanza. Se, nel frattempo, non se ne saranno sviliti il tono e i contenuti.


La Domenica Sportiva fu il programma che negli anni ’70 inventò la moviola. Un’innovazione epocale. Non pensa però che l’abuso di questo strumento abbia contribuito nel corso degli anni ad esasperare i toni e ad abbassare ulteriormente il livello di cultura sportiva italiano?
C’è stato certamente un abuso (ricordo addirittura un’istigatoria “classifica della moviola” che, nell’Appello del Martedì ’91-’92 su Italia 1, riscriveva la graduatoria secondo i giudizi che, in studio, venivano dati dei singoli episodi), ma abolirla è praticamente impossibile. Ogni volta che, per esigenze di tempo, proviamo a eliminare qualche episodio, subito piovono mail di insulti e accuse come se volessimo, in malafede, tenere nascosto qualcosa. Ne siamo un po’ prigionieri, ma, alla DS, cerchiamo di interpretarla in maniera sdrammatizzante.


Alla Domenica Sportiva grazie al contributo di Adriano Bacconi parlate ogni domenica di tattica e tecnica in modo approfondito. Una scelta prettamente editoriale o un modello di comunicazione calcistica che sperate possa essere recepito anche da programmi più “urlati”?
Una scelta editoriale e, insieme, un modello di comunicazione, proprio per usare il mezzo televisivo non solo per vivisezionare l’operato degli arbitri, ma per visualizzare i contenuti tattici di una partita. Non credo affatto che verrà recepito da chi predilige l’urlo. E’ una modalità completamente diversa. E preferisco che non ci imiti chi non stimo.


Lei ha lavorato in Rai quando non esistevano le Tv private. Poi è passato a Mediaset e ora è tornato in Rai. Pensa che emittenza privata e Pay-Tv abbiano contribuito a migliorare l’informazione sportiva o invece nella quantità si trova poca qualità?
La concorrenza ha sicuramente migliorato il prodotto televisivo. Basti pensare a come la Rai trattava il Giro d’Italia prima di farselo strappare da Mediaset e a come lo ha trattato (bene) dopo averlo riconquistato. C’è, anche, tanta qualità nell’emittenza privata e pay. Poi, ovviamente, siccome la moltiplicazione degli impegni costringe a mettere in campo un numero grandissimo di telecronisti e commentatori, la qualità ogni tanto ne risente.


Uno dei paragrafi da lei scritti nel libro si intitola “Telecronisti: dai maestri agli urlatori”. Dal titolo sembra evidente la sua predilezione per i telecronisti di un tempo. Lei ha avuto modo di conoscere in modo diretto circa tre generazioni di telecronisti. Può tracciarne un quadro? Quelli odierni tendono ad essere troppo protagonisti secondo lei?
Ho avuto la fortuna di lavorare con i Grandi della nostra professione, essendone anche amico: da Martellini a Ciotti, da Alberto Giubilo a Giordani. Per cui, forse, non posso essere obbiettivo. Ma , a confronto della loro classe, della capacità di partecipare un’emozione senza enfatizzarla all’eccesso, alcuni urlatori di oggi mi irritano profondamente. Si pongono quasi come se fossero più importanti loro dell’evento che commentano. Insopportabile.


Cosa ne pensa della categoria dei giornalisti-tifosi (o viceversa) che appaiono in Tv? Contribuiscono ad abbassare il livello della comunicazione sportiva e di conseguenza della cultura sportiva o sono dei semplici commentatori che rendono meno ingessata e formale la cronaca sportiva? La presenza di un tifoso non-giornalista come Teo Teocoli alla Ds potrebbe essere già una mezza risposta…
Non amo la figura del giornalista-tifoso che finisce col recitare una parte che, sarà, inevitabilmente contrapposta a un’altra. Ancora meno amo quella autentica aberrazione che, secondo me, è rappresentata dalla telecronaca tifosa. Il pubblico si abitua a sentirsi dire solo ciò che gli sta bene, ciò che asseconda il suo tifo. Automaticamente, se, in tutta onestà, cerchi di sostenere una tesi diversa, vieni ricoperto di insulti (come è capitato a me). Teocoli è una cosa diversa: lui è il tifoso-tifoso e basta, senza pretesa di autorevolezza. Ma con grande passione e competenza.


Capitolo radio. Un mezzo che le ha dato molte soddisfazioni (inviato e conduttore di Tutto il Calcio minuto per minuto e ideatore di Tuttobasket). Nonostante l’avvento delle Pay Tv e di internet, la radio – un po’ come la Ds – mantiene sempre il suo fascino. Per quale motivo secondo lei?
La radio è una compagna che non totalizza la tua attenzione, non ti inchioda per ore impedendoti di fare altro. E fare il radiocronista è l’esperienza più bella per un motivo molto semplice: sei l’unico tramite tra il fatto e il pubblico. Dipenderà dalle tue parole, e solo da quelle, se riuscirai a far capire davvero cosa sta accadendo.


Lo scorso gennaio c’è stato il 50° anniversario di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Nel libro, un paragrafo da lei scritto si intitola “Il debito del calcio verso la radio”. Che cosa intende dire?
Vi lascio alla lettura del libro, dove vedrete che il calcio è due volte debitore verso la Radio. Perché ? Consentitemi di rimandarvi alla lettura. Se no che l’abbiamo scritto a fare Frisoli ed io ?


La Lega Calcio ha ufficializzato che dal prossimo anno ci sarà la partita di Serie A della domenica alle 12.30. Una scelta legata ai diritti televisivi venduti alle tv orientali, che reclamano un incontro nel loro prime-time. Svestendo per un attimo i panni di uomo Rai, qual è la sua posizione in merito? La sua è una visione più romantica (della serie “com’era bello quando tutte le partite si giocavano la domenica pomeriggio”) oppure più pragmatica (si accontentano le Tv, il nostro calcio diventa più ricco e se le società spendono bene i soldi avremo squadre italiane più competitive anche in Europa)?
So benissimo che era più bello prima, ma non posso non essere pragmatico, proprio perché ho lavorato su tutti i fronti dell’informazione sportiva. Ciò detto, questa resa totale del calcio alle pay-tv non mi piace. Si potrebbe lasciare più di qualcosa fuori del pacchetto-pay, come accade in Inghilterra.


Dalla prossima stagione entrerà in vigore la nuova ripartizione dei proventi televisivi. Dalle proiezioni – obbligatoriamente parziali perché trai vari criteri rientra anche il piazzamento finale di questo campionato – sembrerebbe che Juve, Milan e Inter incasseranno meno soldi rispetto agli anni scorsi, mentre tutte le altre squadre avranno maggiori introiti (in molti casi si parla anche di +15/20 milioni di euro all’anno). Pensa sia la grande – forse ultima – opportunità per assistere in futuro a campionati più equilibrati e con un numero maggiore squadre in grado di lottare per lo Scudetto?
E’ un’opportunità, non una grande opportunità. Le grandi guadagneranno poco meno, le piccole guadagneranno sensibilmente più. Ma non basterà a colmare il gap. Specie se, come troppo spesso accaduto, quei soldi dovessero essere utilizzati male.
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About Simone Salvador

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