Ci troviamo tra la fine del Tour de France e l’inizio dei Campionati Europei d’Atletica leggera (12-18 agosto). Il calcio, quello vero, è ancora lontano – inizio a fine agosto, ma considerando la solita, subitanea pausa, si può dire che la stagione comincerà a metà settembre – mentre i motori, F1 e MotoGp, vivono un’annata all’insegna di domini noiosi (Mercedes e Marquez). Il tutto per la felicità di Sky che su questi due sport ha investito un bel po’ di soldi. Insomma, gli argomenti sportivi di discussione, Tavecchio a parte, scarseggiano.
Così, la Gazzetta lo scorso sabato ha lanciato la “bomba” della riapertura dell’inchiesta per la morte di Marco Pantani. Tutti i media hanno ripreso la notizia, dando ampio risalto. Per quello che ho potuto vedere, il 90% di Tv, siti e giornali si è appiattito sulla posizione dell’avvocato De Rensis e della famiglia Pantani: “Troppe incongruenze”, “Indagini con troppe lacune”, “L’omicidio è più di un’ipotesi”.
Da sabato scorso a oggi, “La Gazzetta dello Sport" e “La Repubblica” pubblicano senza soluzione di continuità dei retroscena e dei particolari sulle ultime ore di vita di Pantani e sul modo in cui sono state condotte le indagini. Entrambi i quotidiani danno ampio risalto alla tesi dell’omicidio e alle indagini lacunose. La Gazzetta, pur partendo dall’editoriale del direttore Monti che parla correttamente di “Ricerca della verità e giustizia”, si è di fatto appiattita sulla tesi di Ceniti, giornalista che qualche mese fa, assieme a mamma Tonina, ha scritto un libro su Pantani. In quel testo è racchiuso il pensiero degli ancora numerosissimi fan del Pirata, incapaci di accettare le verità ufficiali. Nel libro di Ceniti si esaltano le vittorie di Pantani, gettando al contempo delle ombre - che lambiscono il complottismo - sui due momenti più importanti nella breve vita del ciclista romagnolo: Madonna di Campiglio ’99 e Rimini 2004.
Sulla riapertura delle indagini e sull’ipotesi di omicidio ho già scritto un post. Qui mi interessa evidenziare un altro aspetto. Un giornale di provincia come “Il Corriere di Romagna” attraverso la firma di Andrea Rossini, è stato fin qui l’unico medium a non sposare acriticamente la tesi dell’omicidio. E lo sta facendo in modo serio e documentato, riportando fatti e testimonianze mai lette sui quotidiani nazionali (almeno personalmente). Ecco i due articoli:
PANTANI, ECCO PERCHE' NON E' STATO UCCISO
PANTANI, ECCO PERCHE' NON E' STATO UCCISO
Attenzione, è sacrosanto indagare fino in fondo e ricercare la verità su quanto accaduto, ci mancherebbe. In questo senso la famiglia di Pantani sta conducendo una battaglia comprensibile e legittima. I mezzi d'informazione, invece, dovrebbero mantenere un profilo più distaccato e obiettivo, fornendo un quadro complessivo della vicenda che consenta ai lettori di farsi una propri idea.
Perché solo "Il Corriere di Romagna" riporta questi fatti? Perché alimentare dubbi e sospetti senza fornire tutte le informazioni necessarie per comprendere il caso?
Perché solo "Il Corriere di Romagna" riporta questi fatti? Perché alimentare dubbi e sospetti senza fornire tutte le informazioni necessarie per comprendere il caso?
Rinvigorire le tesi del “Complotto di Campiglio” (il 14 febbraio 2014 Italia Uno ha mandato in onda uno speciale con "un'intervista esclusiva ad un testimone oculare che assicura che quella mattina Marco era in regola") e dell’”Omicidio di Rimini”, senza nemmeno prendere in considerazione fatti e argomentazioni di segno opposto è estremamente pericoloso, soprattutto in un caso delicato come questo. L’oggettività dei fatti deve sempre prevalere, anche quando fa male.
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