Quinta puntata del #Dossier-Doping di Blog-In. Ancora una volta lo spunto viene da Sandro Donati e da una vicenda raccontata nel suo nuovo libro. Una brutta storia, sconosciuta al grande pubblico (sul tema "media sportivi-doping" si potrebbe scrivere un libro...), riguardante la relazione della Commissione Scientifica Antidoping (accompagnata da diversi, precedenti moniti a CONI e Federazioni) sui valori ematici sospetti di molti azzurri nel periodo precedente le Olimpiadi di Sidney 2000. Questa relazione interna, finisce nelle mani del Corriere della Sera che pochi giorni dopo la conclusione dei Giochi di Sidney la rende di dominio pubblico, scatenando le ire di CONI, Federazioni e atleti.
I CONTROLLI E LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE - La Commissione scientifica antidoping del CONI, su spinta iniziale del CONI che appoggia pienamente la campagna "Io non rischio la salute", lavora con grande impegno e tra il 1999 e il 2000 mette a punto un metodo che porta alla sospensione degli atleti che presentino un ematocrito superiore del 10% rispetto al livello "naturale". Si affina, personalizzandolo, un parametro lasciato in precedenza alla flessibilità del 50%. Poi, con l'approvazione dei medici federali, crea una specie di passaporto biologico ante litteram. Monitorando alcuni parametri del sangue degli atleti si possono evidenziare eventuali valori anomali, indice di assunzione di ormoni anabolizzanti o altre sostanze simili. Nei mesi precedenti le Olimpiadi di Sidney (15 settembre - 1 ottobre 2000), la Commissione effettua 538 controlli ematici su altrettanti atleti di «elevato livello» delle diverse discipline agonistiche. I risultati della ricerca rilevano 61 casi «anomali» di atleti con livelli «fuori norma» di ormone Gh nel sangue e vengono sintetizzati in un dossier di oltre 90 pagine che viene approvato all'unanimità dalla Commissione il 5 settembre 2000 e quindi trasmesso ai vertici del Coni e alle federazioni interessate. Va precisato che il metodo messo a punto dalla Commissione era ancora sperimentale, ma non per questo inattendibile.
Le Federazioni e il CONI, non solo non rispondono alle molteplici comunicazioni interne della Commissione relative ai valori anomali degli atleti (6 le discipline interessate), ma, anzi, si lamentano presso il CONI per il disturbo in fase di preparazione pre-olimpica.
L'ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA DEL 14 OTTOBRE 2000
Ecco l'articolo del Corriere della Sera, pubblicato in data 14 ottobre 2000.
"Qualcosa non andava nel sangue dei nostri campioni. Qualcosa non tornava nei valori di GH, l' ormone della crescita, di cinque medaglie d' oro olimpiche. Il sangue di Massimiliano Rosolino, Agostino Abbagnale, Antonella Bellutti, Josefa Idem, Giovanna Trillini, presentava valori ormonali superiori tra le 30 e le 60 volte a quelli di un soggetto sano. E sono dunque loro 5 dei 61 atleti di «elevato livello» al centro del nuovo caso destinato a scuotere il Coni. Un caso che, da alcune settimane, non è più soltanto «sportivo», ma giudiziario. Da quando, a metà settembre, per ordine del procuratore di Torino Raffaele Guariniello, l'Arma ha bussato alla porta della Commissione scientifica Antidoping del Coni, per sequestrare i risultati della ricerca condotta sul GH ematico di 538 atleti e le cartelle cliniche dei 61 risultati «fuori norma». E' una brutta storia, i cui segreti sono stati a lungo protetti da una curiosa catena di silenzi, dall' anonimato degli atleti coinvolti. Per cui è necessario cominciare dall' inizio. Dal marzo di quest' anno, quando la Commissione scientifica Antidoping del Coni decide di avviare la campagna Io non rischio la salute. Uno screening dell' agonismo di «elevato livello» per «rilevare - come scriverà nelle sue allarmate conclusioni la Commissione -, attraverso controlli ematici, eventuali patologie in atto o eventuali modificazioni associabili all'assunzione di farmaci. Tali da comportare un rischio per la salute degli atleti». Nessuno sa, in quell'inizio di primavera, che la Commissione sta per scoprire quello che probabilmente mai avrebbe voluto. Il 22 giugno, nel centro federale di Verona, Massimiliano Rosolino, come tutti gli altri nuotatori della squadra azzurra, si sottopone al prelievo. In ogni millilitro del suo sangue vengono rintracciati 17 nanogrammi di GH, l' ormone della crescita, il motore dello sviluppo corporeo, il mattone dell' accrescimento somatico, il regolatore dell' altezza scheletrica, della massa muscolare e della sua capacità di allungamento. Diciassette nanogrammi, il triplo di un valore generosamente considerato «borderline», ottantacinque volte quello di un soggetto sano (0,2 nanogrammi per millilitro). Il valore più alto dei circa 400 prelievi effettuati sugli uomini di tutte le specialità. La sorpresa è forte. E comunque non diversa da quella che, un mese prima, il 20 maggio, a Castel Gandolfo, hanno regalato le provette di Josefa Idem, la donna che sta preparando il suo kayak per l' ultima olimpiade. Trentaquattro nanogrammi di ormone GH per millilitro, a fronte di valori medi per donne sane intorno ad 1 nanogrammo. Tre volte superiori ad un altro valore «anomalo». Il 10,6 che, l' 8 agosto, a Verona, a un mese dall' Olimpiade, sarà individuato nel sangue della ciclista e futura medaglia Antonella Bellutti. Sette giorni prima, il 1o agosto, al Ciocco, dove si sta allenando la squadra di fioretto femminile, un altro valore anomalo viene cerchiato dai laboratori della Commissione. Quello di Giovanna Trillini: 13,6 nanogrammi, contro una media tra lo 0,1 e lo 0,8 delle sue compagne di squadra. E pochi giorni dopo, nell' elenco degli anomali finirà, con lo stesso valore (13,6), anche Agostino Abbagnale, cuore e simbolo del nostro canottaggio. Ma è l' intero quadro che alla fine dell' estate spaventa la Commissione. Anomali non sono solo i valori delle cinque future medaglie d' oro, ma anche quelli della squadra di pallavolo femminile (con valori, oscillanti tra i 18 e i 24 nanogrammi) o gli 8,90 nanogrammi di ormone GH trovati al pistard Silvio Martinello. Così come, curioso, viene considerato l'esito dei controesami effettuati a distanza di alcune settimane sugli atleti risultati «fuori norma» ai primi esami. Rosolino, ad esempio, il 19 luglio vedrà il suo ormone GH cadere da 17 a 0,2 nanogrammi. E come lui, la quasi totalità degli altri casi. Perché? Il 5 settembre, la Commissione antidoping ha pronta la sua relazione definitiva, che viene votata all'unanimità. E con lei viene offerta la risposta al dubbio che i laboratori possano essere inciampati in cosiddetti «falsi positivi», legati cioè ad inspiegabili sbalzi ormonali. La circostanza che le tracce di GH non restano nel sangue per più di 48 ore e non sono rilevabili dall'esame delle urine fa infatti concludere: «Emerge in tutta la sua gravità un quadro riepilogativo di valori ingiustificatamente superiori a quelli della popolazione di riferimento. Se tale quadro è in sé preoccupante per i maschi esso è addirittura gravissimo per le femmine. Dunque, non resterebbe che l' ipotesi di un diffuso e marcato ricorso all' assunzione di farmaci che, per azione diretta o indiretta, possano aumentare la concentrazione ematica media dell' ormone della crescita». E non è tutto. Scrive infatti ancora la Commissione: «E' anche ipotizzabile che la non riscontrabilità nelle urine, nei controlli antidoping, possa aver determinato, nel corso degli anni, un ricorso crescente a tale forma di abuso». La relazione viene trasmessa ai vertici del Coni, vengono allertate le singole federazioni, una copia del rapporto finisce al ministero della Sanità. Ma la ruota olimpica, ormai, gira a pieno regime. L' 8 settembre, le anticipazioni del Corriere sull' esistenza e le conclusioni statistiche della ricerca sollevano un vespaio e la risposta piccata del Coni a metà Olimpiade. «Nessun nuotatore medagliato - dichiara ufficialmente Lello Pagnozzi, segretario generale del Coni - rientra nei casi segnalati dalla Commissione scientifica». I carabinieri di Guariniello stavano bussando alla porta.
Bonini Carlo - Giuseppe Toti
FONTE: (Corriere della Sera, archivio storico)
LA REAZIONI DI ATLETI, FEDERAZIONI E CONI- Il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo, ecco le reazioni (sdegnate e con preannuncio di querele) di Federazioni e atleti chiamati in causa.
Sono estraneo a fatti inerenti l'odioso fenomeno del doping sportivo". Massimiliano Rosolino, con un comunicato su carta intestata del suo circolo, il Canottieri Napoli, e firmato di suo pugno, prende posizione "in relazione ad alcune inquietanti notizie di stampa che mi hanno riguardato".
Secondo quanto scrive oggi il "Corriere della sera", il nome del nuotatore napoletano è tra quelli degli olimpionici italiani di Sydney che, dopo la ricerca e i test effettuati prima dei Giochi dalla commissione scientifica del Coni, sono risultati con i valori del sangue fuori norma ed un tasso molto elevato di ormone della crescita.
"Rilievi scientifici - spiega il nuotatore napoletano - dimostreranno in modo inequivocabile l'infondatezza di qualsiasi insinuazione". Rosolino precisa anche di riservarsi di "tutelare per vie legali la propria immagine di atleta pulito in ordine a notizie diffamatorie non si sa come divulgate senza un previo doveroso accertamento. "Tutto ciò - conclude Rosolino - anche e soprattutto al fine di difendere l'immagine dello sport italiano rispetto ad ignobili insinuazioni che potrebbero offuscare i grandi successi conseguiti a livello mondiale ed olimpico, danneggiando la mia immagine di atleta sano e pulito".
La Federazione Italiana Scherma prende posizione in difesa di Giovanna Trillini, rimasta in vacanza in Australia e alle isole Fiji dopo i giochi di Sydney. Il nome dell'olimpionica del fioretto e' tra quelli degli atleti italiani che avevano i valori del sangue fuori norma. "Le nostre medaglie sono pulite - commenta il presidente federale Antonio Di Blasi - tutti gli atleti della nazionale italiana di scherma hanno affrontato e superato i test antidoping prescritti dal CIO ed effettuati a Sydney. Ricordo anche che tutti i nostri schermidori hanno spontaneamente aderito alla campagna 'Io non rischio la salute'. Notiamo con preoccupazione che alcuni dati, peraltro in situazioni non punibili, vengano a più riprese strumentalizzati. Ad ogni modo questa storia non finisce qui, perchè faremo, sia noi come federazione che il Coni, tutti i passi necessari nelle sedi adeguate per tutelare la nostra reputazione e la limpidezza dei nostri successi".
Dopo le prese di posizione di Rosolino e della federazione di scherma, anche la Federazione italiana canottaggio (Fic) difende la medaglia conquistata da Agostino Abbagnale a Sydney definendo "falso" quanto riportato dal Corriere della sera e parlando di "assurde speculazioni sulla pelle degli atleti. La Fic - e' scritto in una nota della federazione - condanna l'uso degli atleti come mezzo di lotta politica che da diversi mesi si sta portando contro il coni. I nostri atleti non hanno mai fatto uso di sostanze proibite e nessuno di loro e mai risultato positivo ai test antidoping". In merito alla vicenda, il medico federale, Antonio Spataro, ha sostenuto che "e' noto dai dati della letteratura scientifica come un solo valore del livello ematico GH, non e' sufficiente per prospettare un quadro diagnostico di disfunzione ormonale, o far sospettare il ricorso all'assunzione di sostanze dopanti essendo tale livello influenzabile da numerosissimi fattori endogeni (assunzione di grandi quantita' di carni rosse, ecc) ed esogeni (allenamento intenso di lunga durata)".
"Io sono un'atleta pulita e non una scienziata ed e' una vita che combatto il doping". Antonella Bellutti, campionessa olimpica su pista a Sydney continua: "Evito frasi banali e scontate e ritengo che in questi casi sarebbe piu' opportuno far parlare un medico. Ritengo che utilizzare dati che non hanno alcun valore scientifico, come confermato anche in modo chiaro in un comunicato del comitato olimpico internazionale cio, sia sufficiente per distruggere l'immagine di un' atleta. Questo mi duole e non poco. Sono cinque anni che porto avanti da sola una crociata contro il doping e poco basta per mettermi in cattiva luce", dice la campionessa olimpica. "Mi da' enormemente fastidio dovermi difendere da qualcosa che non e' violazione di qualcosa, ma un dato senza alcun parametro certo, legato ad un esame conoscitivo che sapevo con anticipo di dover fare. Come mi e' stato riferito da autorevoli scienziati i valori messi in discussione sono elevabili semplicemente da condizioni di stress o emozione".
I risultati conseguiti da Josefa Idem sono solo il frutto di sacrificio e di duri allenamenti nel pieno rispetto delle norme vigenti: così la federazione italiana Canoa e Kayak (Fick) difende l'atleta italo-tedesca. La vicenda e' ricostruita dal medico federale, Stefano Dragoni. "Il 20 maggio alcuni atleti della federazione, tra cui Idem, sono stati sottoposti ad un controllo ematico da me richiesto alla commissione scientifica 'Io non rischio la salute' - spiega Dragoni -. Da tale controllo e' risultato anomalo il valore del Gh della Idem. Per questo la commissione ha richiesto un ulteriore approfondimento relativo ad un più ampio screening ormonale: tale controllo e' stato eseguito il 25 maggio sullo stesso campione di sangue ed ha mostrato valori del tutto normali". Successivamente, prosegue dragoni, la Idem, oltre ai controlli antidoping, e' stata sottoposta ad altri accertamenti (il 16/6 e il 30/8) richiesti dalla commissione scientifica e "nulla di anomalo e' emerso dai risultati".
"Siamo di fronte a comportamenti moralmente irresponsabili che ledono pesantemente la dignità umana". Così il CONI risponde alle notizie apparse sul Corriere della sera. Il Coni ha inoltre dato mandato al professor Franco Coppi e all'avvocato Giulia Buongiorno di studiare tutte le iniziative di carattere penalistico che il caso impone e ha avviato un'indagine interna sulla fuga di notizie.
GIORNALISTI ASSOLTI - Il 9 luglio 2007 il Tribunale penale di Milano assolve gli autori dell'articolo incriminato (Bonini e Toti), oltre a Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera al momento della pubblicazione dello stesso. FONTE: (Corriere della Sera, archivio)
Il Corriere della Sera non ha diffamato Rosolino, Trillini, Bellutti, Abbagnale e Idem, né ha «offeso» il Coni, che avevano tutti sporto querela contro il nostro giornale («Il fatto non costituisce reato»). Con il suo articolo pubblicato il 14 ottobre 2000, il Corriere, peraltro, non ha violato nemmeno il segreto istruttorio, così come contestato (il pm di Torino Guariniello nel frattempo aveva aperto un' indagine), ma ha esercitato esclusivamente e legittimamente il diritto di cronaca. Questa la sentenza del giudice monocratico della prima sezione penale del Tribunale di Milano, Ilio Mannucci Pacini, pronunziata il 9 luglio scorso, le cui motivazioni sono state depositate il 4 ottobre. In ballo, lo scandalo Gh, l' allarme lanciato alla vigilia dei Giochi olimpici di Sydney del 2000 dall' allora in carica Commissione scientifica antidoping del Coni, in merito ai valori ematici dell' ormone della crescita considerati fuori norma per 61 atleti di alto livello (su 538 controllati), fra cui 5 che poi avrebbero vinto la medaglia d' oro in Australia: Massimiliano Rosolino (nuoto), Giovanna Trillini (scherma), Antonella Bellutti (ciclismo), Agostino Abbagnale (canottaggio) e Josefa Idem (canoa). Questi dati anomali - emersi nell' ambito della campagna di prevenzione «Io non rischio la salute!», fortemente voluta proprio dai vertici del Coni - erano stati riportati dal nostro giornale, in un articolo a firma di Carlo Bonini e Giuseppe Toti (assolti assieme al direttore responsabile dell' epoca Ferruccio de Bortoli, tutti difesi dagli avvocati Caterina Malavenda e Paolo Grasso). Il Corriere aveva riferito, peraltro, delle preoccupazioni e dei sospetti espressi nella relazione conclusiva della Commissione del 5 settembre 2000, sottoscritta all' unanimità dai suoi membri, compreso il dottor Francesco Botrè, citato come teste dai querelanti, ma che ovviamente non ha potuto smentire la circostanza né, tantomeno, contestare «la conformità dell' articolo alle conclusioni della relazione». La relazione fu consegnata al Foro Italico e alle federazioni sportive dopo mesi di controlli e di insistenti richieste di chiarimenti puntualmente disattese (la Commissione venne sciolta dal Coni una settimana dopo l' articolo). Il giudice Mannucci Pacini scrive, tra le altre cose, nelle sue motivazioni: «È vero o no che nella citata relazione la Commissione segnalò con preoccupazione l' esistenza di valori anomali nel sangue di molti atleti e prospettò il dubbio che quei valori dipendessero dall' assunzione di sostanze determinanti l' aumento dell' ormone della crescita? La risposta è certamente positiva. Dalla lettura della relazione tutti gli elementi riportati nell' articolo pubblicato sul Corriere della Sera sono confermati». Quindi «sotto il profilo della verità delle informazioni contenute nell' articolo, nessun addebito può essere prospettato a carico degli imputati». Riguardo alla rilevanza pubblica delle notizie, il giudice spiega che «essa non è stata neanche posta in discussione dalle parti civili, apparendo evidente l' interesse della comunità (non solo quella sportiva) a conoscere gli esiti di quella Commissione». Sulla continenza della notizia, il giudice stabilisce che «il linguaggio dei giornalisti non possa essere interpretato al di là del significato letterale delle espressioni utilizzate». Respinta dal giudice anche l' accusa di diffamazione avanzata dal Coni per il giudizio espresso nei suoi confronti dagli articolisti: «Una brutta storia, i cui segreti sono stati a lungo protetti da una curiosa catena di silenzi». Mannucci Pacini scrive infatti: «La definizione dell' atteggiamento assunto dagli organi sportivi come “catena di silenzi” rappresenta la corretta definizione della situazione determinatasi durante l'estate del 2000».
I CONTROLLI E LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE - La Commissione scientifica antidoping del CONI, su spinta iniziale del CONI che appoggia pienamente la campagna "Io non rischio la salute", lavora con grande impegno e tra il 1999 e il 2000 mette a punto un metodo che porta alla sospensione degli atleti che presentino un ematocrito superiore del 10% rispetto al livello "naturale". Si affina, personalizzandolo, un parametro lasciato in precedenza alla flessibilità del 50%. Poi, con l'approvazione dei medici federali, crea una specie di passaporto biologico ante litteram. Monitorando alcuni parametri del sangue degli atleti si possono evidenziare eventuali valori anomali, indice di assunzione di ormoni anabolizzanti o altre sostanze simili. Nei mesi precedenti le Olimpiadi di Sidney (15 settembre - 1 ottobre 2000), la Commissione effettua 538 controlli ematici su altrettanti atleti di «elevato livello» delle diverse discipline agonistiche. I risultati della ricerca rilevano 61 casi «anomali» di atleti con livelli «fuori norma» di ormone Gh nel sangue e vengono sintetizzati in un dossier di oltre 90 pagine che viene approvato all'unanimità dalla Commissione il 5 settembre 2000 e quindi trasmesso ai vertici del Coni e alle federazioni interessate. Va precisato che il metodo messo a punto dalla Commissione era ancora sperimentale, ma non per questo inattendibile.
Le Federazioni e il CONI, non solo non rispondono alle molteplici comunicazioni interne della Commissione relative ai valori anomali degli atleti (6 le discipline interessate), ma, anzi, si lamentano presso il CONI per il disturbo in fase di preparazione pre-olimpica.
L'ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA DEL 14 OTTOBRE 2000
Ecco l'articolo del Corriere della Sera, pubblicato in data 14 ottobre 2000.
"Qualcosa non andava nel sangue dei nostri campioni. Qualcosa non tornava nei valori di GH, l' ormone della crescita, di cinque medaglie d' oro olimpiche. Il sangue di Massimiliano Rosolino, Agostino Abbagnale, Antonella Bellutti, Josefa Idem, Giovanna Trillini, presentava valori ormonali superiori tra le 30 e le 60 volte a quelli di un soggetto sano. E sono dunque loro 5 dei 61 atleti di «elevato livello» al centro del nuovo caso destinato a scuotere il Coni. Un caso che, da alcune settimane, non è più soltanto «sportivo», ma giudiziario. Da quando, a metà settembre, per ordine del procuratore di Torino Raffaele Guariniello, l'Arma ha bussato alla porta della Commissione scientifica Antidoping del Coni, per sequestrare i risultati della ricerca condotta sul GH ematico di 538 atleti e le cartelle cliniche dei 61 risultati «fuori norma». E' una brutta storia, i cui segreti sono stati a lungo protetti da una curiosa catena di silenzi, dall' anonimato degli atleti coinvolti. Per cui è necessario cominciare dall' inizio. Dal marzo di quest' anno, quando la Commissione scientifica Antidoping del Coni decide di avviare la campagna Io non rischio la salute. Uno screening dell' agonismo di «elevato livello» per «rilevare - come scriverà nelle sue allarmate conclusioni la Commissione -, attraverso controlli ematici, eventuali patologie in atto o eventuali modificazioni associabili all'assunzione di farmaci. Tali da comportare un rischio per la salute degli atleti». Nessuno sa, in quell'inizio di primavera, che la Commissione sta per scoprire quello che probabilmente mai avrebbe voluto. Il 22 giugno, nel centro federale di Verona, Massimiliano Rosolino, come tutti gli altri nuotatori della squadra azzurra, si sottopone al prelievo. In ogni millilitro del suo sangue vengono rintracciati 17 nanogrammi di GH, l' ormone della crescita, il motore dello sviluppo corporeo, il mattone dell' accrescimento somatico, il regolatore dell' altezza scheletrica, della massa muscolare e della sua capacità di allungamento. Diciassette nanogrammi, il triplo di un valore generosamente considerato «borderline», ottantacinque volte quello di un soggetto sano (0,2 nanogrammi per millilitro). Il valore più alto dei circa 400 prelievi effettuati sugli uomini di tutte le specialità. La sorpresa è forte. E comunque non diversa da quella che, un mese prima, il 20 maggio, a Castel Gandolfo, hanno regalato le provette di Josefa Idem, la donna che sta preparando il suo kayak per l' ultima olimpiade. Trentaquattro nanogrammi di ormone GH per millilitro, a fronte di valori medi per donne sane intorno ad 1 nanogrammo. Tre volte superiori ad un altro valore «anomalo». Il 10,6 che, l' 8 agosto, a Verona, a un mese dall' Olimpiade, sarà individuato nel sangue della ciclista e futura medaglia Antonella Bellutti. Sette giorni prima, il 1o agosto, al Ciocco, dove si sta allenando la squadra di fioretto femminile, un altro valore anomalo viene cerchiato dai laboratori della Commissione. Quello di Giovanna Trillini: 13,6 nanogrammi, contro una media tra lo 0,1 e lo 0,8 delle sue compagne di squadra. E pochi giorni dopo, nell' elenco degli anomali finirà, con lo stesso valore (13,6), anche Agostino Abbagnale, cuore e simbolo del nostro canottaggio. Ma è l' intero quadro che alla fine dell' estate spaventa la Commissione. Anomali non sono solo i valori delle cinque future medaglie d' oro, ma anche quelli della squadra di pallavolo femminile (con valori, oscillanti tra i 18 e i 24 nanogrammi) o gli 8,90 nanogrammi di ormone GH trovati al pistard Silvio Martinello. Così come, curioso, viene considerato l'esito dei controesami effettuati a distanza di alcune settimane sugli atleti risultati «fuori norma» ai primi esami. Rosolino, ad esempio, il 19 luglio vedrà il suo ormone GH cadere da 17 a 0,2 nanogrammi. E come lui, la quasi totalità degli altri casi. Perché? Il 5 settembre, la Commissione antidoping ha pronta la sua relazione definitiva, che viene votata all'unanimità. E con lei viene offerta la risposta al dubbio che i laboratori possano essere inciampati in cosiddetti «falsi positivi», legati cioè ad inspiegabili sbalzi ormonali. La circostanza che le tracce di GH non restano nel sangue per più di 48 ore e non sono rilevabili dall'esame delle urine fa infatti concludere: «Emerge in tutta la sua gravità un quadro riepilogativo di valori ingiustificatamente superiori a quelli della popolazione di riferimento. Se tale quadro è in sé preoccupante per i maschi esso è addirittura gravissimo per le femmine. Dunque, non resterebbe che l' ipotesi di un diffuso e marcato ricorso all' assunzione di farmaci che, per azione diretta o indiretta, possano aumentare la concentrazione ematica media dell' ormone della crescita». E non è tutto. Scrive infatti ancora la Commissione: «E' anche ipotizzabile che la non riscontrabilità nelle urine, nei controlli antidoping, possa aver determinato, nel corso degli anni, un ricorso crescente a tale forma di abuso». La relazione viene trasmessa ai vertici del Coni, vengono allertate le singole federazioni, una copia del rapporto finisce al ministero della Sanità. Ma la ruota olimpica, ormai, gira a pieno regime. L' 8 settembre, le anticipazioni del Corriere sull' esistenza e le conclusioni statistiche della ricerca sollevano un vespaio e la risposta piccata del Coni a metà Olimpiade. «Nessun nuotatore medagliato - dichiara ufficialmente Lello Pagnozzi, segretario generale del Coni - rientra nei casi segnalati dalla Commissione scientifica». I carabinieri di Guariniello stavano bussando alla porta.
Bonini Carlo - Giuseppe Toti
FONTE: (Corriere della Sera, archivio storico)
LA REAZIONI DI ATLETI, FEDERAZIONI E CONI- Il giorno dopo la pubblicazione dell'articolo, ecco le reazioni (sdegnate e con preannuncio di querele) di Federazioni e atleti chiamati in causa.
Sono estraneo a fatti inerenti l'odioso fenomeno del doping sportivo". Massimiliano Rosolino, con un comunicato su carta intestata del suo circolo, il Canottieri Napoli, e firmato di suo pugno, prende posizione "in relazione ad alcune inquietanti notizie di stampa che mi hanno riguardato".
Secondo quanto scrive oggi il "Corriere della sera", il nome del nuotatore napoletano è tra quelli degli olimpionici italiani di Sydney che, dopo la ricerca e i test effettuati prima dei Giochi dalla commissione scientifica del Coni, sono risultati con i valori del sangue fuori norma ed un tasso molto elevato di ormone della crescita.
"Rilievi scientifici - spiega il nuotatore napoletano - dimostreranno in modo inequivocabile l'infondatezza di qualsiasi insinuazione". Rosolino precisa anche di riservarsi di "tutelare per vie legali la propria immagine di atleta pulito in ordine a notizie diffamatorie non si sa come divulgate senza un previo doveroso accertamento. "Tutto ciò - conclude Rosolino - anche e soprattutto al fine di difendere l'immagine dello sport italiano rispetto ad ignobili insinuazioni che potrebbero offuscare i grandi successi conseguiti a livello mondiale ed olimpico, danneggiando la mia immagine di atleta sano e pulito".
La Federazione Italiana Scherma prende posizione in difesa di Giovanna Trillini, rimasta in vacanza in Australia e alle isole Fiji dopo i giochi di Sydney. Il nome dell'olimpionica del fioretto e' tra quelli degli atleti italiani che avevano i valori del sangue fuori norma. "Le nostre medaglie sono pulite - commenta il presidente federale Antonio Di Blasi - tutti gli atleti della nazionale italiana di scherma hanno affrontato e superato i test antidoping prescritti dal CIO ed effettuati a Sydney. Ricordo anche che tutti i nostri schermidori hanno spontaneamente aderito alla campagna 'Io non rischio la salute'. Notiamo con preoccupazione che alcuni dati, peraltro in situazioni non punibili, vengano a più riprese strumentalizzati. Ad ogni modo questa storia non finisce qui, perchè faremo, sia noi come federazione che il Coni, tutti i passi necessari nelle sedi adeguate per tutelare la nostra reputazione e la limpidezza dei nostri successi".
Dopo le prese di posizione di Rosolino e della federazione di scherma, anche la Federazione italiana canottaggio (Fic) difende la medaglia conquistata da Agostino Abbagnale a Sydney definendo "falso" quanto riportato dal Corriere della sera e parlando di "assurde speculazioni sulla pelle degli atleti. La Fic - e' scritto in una nota della federazione - condanna l'uso degli atleti come mezzo di lotta politica che da diversi mesi si sta portando contro il coni. I nostri atleti non hanno mai fatto uso di sostanze proibite e nessuno di loro e mai risultato positivo ai test antidoping". In merito alla vicenda, il medico federale, Antonio Spataro, ha sostenuto che "e' noto dai dati della letteratura scientifica come un solo valore del livello ematico GH, non e' sufficiente per prospettare un quadro diagnostico di disfunzione ormonale, o far sospettare il ricorso all'assunzione di sostanze dopanti essendo tale livello influenzabile da numerosissimi fattori endogeni (assunzione di grandi quantita' di carni rosse, ecc) ed esogeni (allenamento intenso di lunga durata)".
"Io sono un'atleta pulita e non una scienziata ed e' una vita che combatto il doping". Antonella Bellutti, campionessa olimpica su pista a Sydney continua: "Evito frasi banali e scontate e ritengo che in questi casi sarebbe piu' opportuno far parlare un medico. Ritengo che utilizzare dati che non hanno alcun valore scientifico, come confermato anche in modo chiaro in un comunicato del comitato olimpico internazionale cio, sia sufficiente per distruggere l'immagine di un' atleta. Questo mi duole e non poco. Sono cinque anni che porto avanti da sola una crociata contro il doping e poco basta per mettermi in cattiva luce", dice la campionessa olimpica. "Mi da' enormemente fastidio dovermi difendere da qualcosa che non e' violazione di qualcosa, ma un dato senza alcun parametro certo, legato ad un esame conoscitivo che sapevo con anticipo di dover fare. Come mi e' stato riferito da autorevoli scienziati i valori messi in discussione sono elevabili semplicemente da condizioni di stress o emozione".
I risultati conseguiti da Josefa Idem sono solo il frutto di sacrificio e di duri allenamenti nel pieno rispetto delle norme vigenti: così la federazione italiana Canoa e Kayak (Fick) difende l'atleta italo-tedesca. La vicenda e' ricostruita dal medico federale, Stefano Dragoni. "Il 20 maggio alcuni atleti della federazione, tra cui Idem, sono stati sottoposti ad un controllo ematico da me richiesto alla commissione scientifica 'Io non rischio la salute' - spiega Dragoni -. Da tale controllo e' risultato anomalo il valore del Gh della Idem. Per questo la commissione ha richiesto un ulteriore approfondimento relativo ad un più ampio screening ormonale: tale controllo e' stato eseguito il 25 maggio sullo stesso campione di sangue ed ha mostrato valori del tutto normali". Successivamente, prosegue dragoni, la Idem, oltre ai controlli antidoping, e' stata sottoposta ad altri accertamenti (il 16/6 e il 30/8) richiesti dalla commissione scientifica e "nulla di anomalo e' emerso dai risultati".
"Siamo di fronte a comportamenti moralmente irresponsabili che ledono pesantemente la dignità umana". Così il CONI risponde alle notizie apparse sul Corriere della sera. Il Coni ha inoltre dato mandato al professor Franco Coppi e all'avvocato Giulia Buongiorno di studiare tutte le iniziative di carattere penalistico che il caso impone e ha avviato un'indagine interna sulla fuga di notizie.
IL CONI SCIOGLIE LA COMMISSIONE ANTIDOPING - Il CONI, non si limita a presentare una denuncia-querela contro ignoti presso la Procura della Repubblica di Roma e per diffamazione nei confronti dei giornalisti del Corsera, ma, su delibera della Giunta, dà mandato al Presidente di istituire una Commissione d'indagine per indagare sulla legittimità, relativamente alle norme sulla privacy, della campagna "Io non rischio la salute" (campagna inizialmente voluta dal CONI, alla base dei controlli effettuati dalla Commissione Antidoping). Il 26 ottobre 2000, vale a dire 12 giorni dopo la pubblicazione dell'articolo sul Corsera, la Giunta esecutiva del CONI delibera lo scioglimento coatto della Commissione scientifica anti-doping. Sempre il 26 ottobre 2000 il CONI licenzia Bellotti e Donati, ritenuti responsabili della fuga di notizie, per "il venir meno dei fondamentali rapporti di fiducia reciproca che sono alla base di un rapporto di lavoro" (parole del presidente Petrucci). Tuttavia, pochi minuti dopo questa comunicazione, giunge da Ferrara la notizia della conclusione delle indagini su Conconi e sulle pratiche effettuate presso il Centro ferrarese. Le accuse sono gravissime e coinvolgono il CONI con i suoi ultimi 3 presidenti e alcuni atleti di grande livello. Così, per evitare polemiche e discussioni, in serata il provvedimento di licenziamento di Donati e Bellotti viene revocato. FONTE ("Lo sport del doping", di Sandro Donati).
Il Corriere della Sera non ha diffamato Rosolino, Trillini, Bellutti, Abbagnale e Idem, né ha «offeso» il Coni, che avevano tutti sporto querela contro il nostro giornale («Il fatto non costituisce reato»). Con il suo articolo pubblicato il 14 ottobre 2000, il Corriere, peraltro, non ha violato nemmeno il segreto istruttorio, così come contestato (il pm di Torino Guariniello nel frattempo aveva aperto un' indagine), ma ha esercitato esclusivamente e legittimamente il diritto di cronaca. Questa la sentenza del giudice monocratico della prima sezione penale del Tribunale di Milano, Ilio Mannucci Pacini, pronunziata il 9 luglio scorso, le cui motivazioni sono state depositate il 4 ottobre. In ballo, lo scandalo Gh, l' allarme lanciato alla vigilia dei Giochi olimpici di Sydney del 2000 dall' allora in carica Commissione scientifica antidoping del Coni, in merito ai valori ematici dell' ormone della crescita considerati fuori norma per 61 atleti di alto livello (su 538 controllati), fra cui 5 che poi avrebbero vinto la medaglia d' oro in Australia: Massimiliano Rosolino (nuoto), Giovanna Trillini (scherma), Antonella Bellutti (ciclismo), Agostino Abbagnale (canottaggio) e Josefa Idem (canoa). Questi dati anomali - emersi nell' ambito della campagna di prevenzione «Io non rischio la salute!», fortemente voluta proprio dai vertici del Coni - erano stati riportati dal nostro giornale, in un articolo a firma di Carlo Bonini e Giuseppe Toti (assolti assieme al direttore responsabile dell' epoca Ferruccio de Bortoli, tutti difesi dagli avvocati Caterina Malavenda e Paolo Grasso). Il Corriere aveva riferito, peraltro, delle preoccupazioni e dei sospetti espressi nella relazione conclusiva della Commissione del 5 settembre 2000, sottoscritta all' unanimità dai suoi membri, compreso il dottor Francesco Botrè, citato come teste dai querelanti, ma che ovviamente non ha potuto smentire la circostanza né, tantomeno, contestare «la conformità dell' articolo alle conclusioni della relazione». La relazione fu consegnata al Foro Italico e alle federazioni sportive dopo mesi di controlli e di insistenti richieste di chiarimenti puntualmente disattese (la Commissione venne sciolta dal Coni una settimana dopo l' articolo). Il giudice Mannucci Pacini scrive, tra le altre cose, nelle sue motivazioni: «È vero o no che nella citata relazione la Commissione segnalò con preoccupazione l' esistenza di valori anomali nel sangue di molti atleti e prospettò il dubbio che quei valori dipendessero dall' assunzione di sostanze determinanti l' aumento dell' ormone della crescita? La risposta è certamente positiva. Dalla lettura della relazione tutti gli elementi riportati nell' articolo pubblicato sul Corriere della Sera sono confermati». Quindi «sotto il profilo della verità delle informazioni contenute nell' articolo, nessun addebito può essere prospettato a carico degli imputati». Riguardo alla rilevanza pubblica delle notizie, il giudice spiega che «essa non è stata neanche posta in discussione dalle parti civili, apparendo evidente l' interesse della comunità (non solo quella sportiva) a conoscere gli esiti di quella Commissione». Sulla continenza della notizia, il giudice stabilisce che «il linguaggio dei giornalisti non possa essere interpretato al di là del significato letterale delle espressioni utilizzate». Respinta dal giudice anche l' accusa di diffamazione avanzata dal Coni per il giudizio espresso nei suoi confronti dagli articolisti: «Una brutta storia, i cui segreti sono stati a lungo protetti da una curiosa catena di silenzi». Mannucci Pacini scrive infatti: «La definizione dell' atteggiamento assunto dagli organi sportivi come “catena di silenzi” rappresenta la corretta definizione della situazione determinatasi durante l'estate del 2000».
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