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Wimbledon |
Qualcuno di voi ci avrà fatto caso. Questa settimana, come tradizione dopo il Roland Garros, è iniziata la stagione sull’erba, la superficie più veloce e, a parere di molti, più affascinante. Il torneo del Queen’s e quello di Halle danno il via all’unico mese di tennis sul verde, che culmina ovviamente con il torneo dei tornei,Wimbledon.
In tempi remoti, l’erba era la superficie principale, e tre slam su 4 si giocavano sui prati. Oltre Wimbledon, sia lo Us Open, che l’Australian Open si disputavano infatti sulla superficie più naturale che ci sia e l’unico torneo Major che faceva eccezione era il Roland Garros, che si giocava naturalmente sulla terra battuta. Con il passare del tempo però l’erba è stata sempre più accantonata. Prima lo Us Open, a cominciare dall’edizione del 1975, passò alla terra verde per arrivare successivamente al cemento sintetico su cui si gioca ai giorni nostri. Lo slam australe invece sostituì l’erba con il Rebound Ace (cemento) nel 1988. La scelta dei due tornei major era il segnale che i tempi iniziavano a cambiare. L’erba è infatti la superficie con maggiori costi dal punto di vista della manutenzione ed inoltre necessita di un clima particolare per poter essere coltivata, presente praticamente soltanto in Inghilterra. Molto meglio quindi affidarsi all’artificio ed al cemento sintetico, piuttosto che alla natura e all’erba.
Con il passare degli anni i tornei sui prati sono diventati sempre di meno. Inoltre, anche il torneo di Wimbledon ha subito importanti modifiche, soprattutto dal punto di vista del taglio dell’erba, oggi molto più lunga rispetto al passato, che hanno portato ad un generale rallentamento dei campi, oltre ad affermazioni londinesi di tennisti sulla carta poco conciliabili con l’erba, vedi Nadal in primis (nonostante il suo dritto uncinato sia paradossalmente adatto a rimbalzi bassi, come denotano le sue buone prestazioni da Junior), ma senza andare troppo lontano, anche exploit come quelli di Safin e Schuettler, semifinalisti nel 2008, o la vittoria di Lleyton Hewitt. Un fenomeno iniziato a metà anni 90 per "paura" che il gioco fosse deciso esclusivamente dalle bombe dei grandi servitori, in primis Ivanisevic. Come ovvia conseguenza, anche il gioco d’attacco necessario per vincere sull’erba non è più stato insegnato come in passato e gli specialisti, che prima abbondavano, sono diminuiti a vista d’occhio, quasi fino a sparire negli ultimi anni, tanto che, i pochi rimasti, vengono chiamati panda.
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Max Mirnyi |
Trovare tra i giocatori in attività un vero e proprio specialista del verde è davvero impresa ardua. Max Mirnyi, “la bestia”, è sicuramente uno di questi, con il suo serve and volley favoloso, la sua potenza mischiata ad una grande eleganza vicino alla rete ne fanno uno degli ultimi interpreti del tennis da erba, tuttavia, tralasciando il fatto che negli ultimi anni si è concentrato soltanto sul doppio, non è mai andato oltre il quarto turno ai Championships. Lo stesso Michael Llodra, avrebbe un tennis eccellente per i prati, tuttavia non si è mai issato oltre il secondo turno a Wimbledon ed a parte due trionfi in tornei minori, sull’erba non ha mai raccolto molto. Con i ritiri di Dent e Ancic, che peraltro nell’ultimo periodo era regredito ad un tennis più “pallettaro”, possiamo dire che i “panda” hanno subito un colpo ulteriore e la specie si è avvicinata ancor di più alla definitiva estinzione. L'ultimo match d'un certo "tipo" fu nel 2005, e vide affrontarsi un superservitore e sparatutto (bei tempi, ma quel diritto dov'è finito?) come Roddick, sconfitto dall'erede di Sampras. Una volta si poteva parlare di "Tempio del tennis" riguardo Wimbledon, ora lo si associa a Copa Cabana...Non regala più le stesse emozioni di un tempo, è un torneo come gli altri, al quale è rimasta solo la nomea ma nessun specialista. Il tennis è salito di livello, si dice. Ma che valore ha una laurea senza specializzazione? Fatta qualche doverosa eccezione (I 6 titoli di Federer ne sono l'esempio lampante), ci ritroviamo una classe di ignoranti.
Il motivo è molto semplice, i campi più lenti ed i nuovi materiali, rendono meno efficace il gioco d’attacco anche sull’erba, il serve and volley puro non è più redditizio come prima e così i giovani preferiscono specializzarsi su un tennis più moderno, solido da fondo, ma deficitario nei pressi della rete. Inoltre come detto, i tornei sono sempre meno, 5 totali nel circuito Atp + il torneo di Newport post-Wimbly e quindi specializzarsi su una superficie su cui si gioca così poco, non è nemmeno conveniente. Si era parlato della possibilità di introdurre un Master 1000 sull’erba, ma sembra alquanto improbabile visto che ciò comporterebbe una rivoluzione del calendario. Per tutte queste ragioni, il gioco sull’erba ha perso quasi tutta la sua specificità ed è diventato molto simile a quello che vediamo sulle altre superfici.
E L’Italia? Il belpaese è patria di santi, poeti e navigatori, ma sicuramente non di erbivori. Per rendere l’idea è sufficiente considerare che il miglior risultato di sempre a Wimbledon di un tennista azzurro è la semifinale, raggiunta in età preistorica (1960) da Nicola Pietrangeli. Per il resto, qualche quarto di finale e nulla più. La penuria di risultati ovviamente ha una ragione molto precisa, ovvero la scarsità di campi verdi in giro per la penisola. Era stato approntato un campo in erba al Centro Federale di Riano sul finire degli anni 70, ma non se ne è saputo più niente. Purtroppo il clima italiano si addice poco alla coltura dei campi in erba. Oggi i pochi campi verdi li possiamo trovare in qualche circolo al Nord (Brescia, Cesena, Bologna), qualche circolo esclusivo (come il Forte Village in Sardegna), mentre ce ne sono molti in Toscana. Che la regione culla della lingua italiana, faccia da guida anche al tennis?
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