"Tutti i ciclisti si dopano". Fino a quando a dirlo - o sospettarlo - sono gli appassionati o i detrattori del ciclismo che cavalcano un sentimento assai diffuso (e oggettivo visto i numerosi casi di doping acclarati negli ultimi 15 anni), si resta sulla soglia del commento da bar sport. Ma se a pronunciare una tale frase è il Capo dell Procura antidoping del Coni Ettore Torri, da anni in prima linea nella lotta all'uso di sostanze vietate, la faccenda diventa assai più seria e preoccupante. Torri in sostanza ha ufficializzato quello che in molti non hanno mai avuto il coraggio di dire. Personalmente, pur partendo da una base garantista (vedi commento sul caso Contador), ho sempre sostenuto che per affrontare le varie corse - in particolare quelle a tappe - sia praticamente impossibile non ricorrere a degli aiuti farmacologici, più o meno leciti (vedi esempio scooter nell'approfondimento sulla tematica doping). Difatti, il confine tra prodotti consentiti e vietati è molto labile e in questa zona grigia preparatori e medici possono "giocare", approfittando della atavica superiorità del doping sull'antidoping-eterno inseguitore.
Torri è giunto a questa conclusione, non per convinzione personale, ma dopo aver ascoltato decine e decine di testimoni nel corso dei vari procedimenti disciplinari incardinati in questi ultimi anni: "Ultimamente, tutti i ciclisti che ho interrogato hanno detto che tutti si dopano". Torri affronta anche l'argomento preparatori e medici: "Sono bravissimi nel loro lavoro e sono in grado di prescrivere il necessario per rimanere al di sotto della soglia del doping, aiutati in qualche caso dalla complessità dei regolamenti che favorisce gli atleti incolpati". Parole a cui non serve aggiungere molto, se non capire quale potrebbe essere la soluzione per uscire da questo sistema che appare inattaccabile. Partendo dal presupposto iniziale, Torri giunge ad una conclusione estrema, per certi versi una dichiarazione di impotenza, che tuttavia trova alcuni consensi nell'opinione pubblica (anche Rino Tommasi, seppur con qualche distinguo, ha espresso parere favorevole all'idea seguente): "Non è giusto che venga trovato un atleta su cento. Più lavoro in questo campo e più mi stupisco della diffusione del doping e non credo verrà estirpato, per il semplice fatto che si evolve continuamente. Escono sempre nuove sostanze sulle quali non esistono controlli". La conclusione è che "se non facesse male alla salute, il doping andrebbe legalizzato". Su quest'ultimo punto bisognerebbe scrivere un post dedicato per valutare pro e contro di una tale, drastica decisione. Il fine ultimo sarebbe quello di far partire tutti sullo stesso piano, ma il problema sarebbe sempre che la ricerca doping è sempre più avanti e si finirebbe per avere comunque dei dubbi sul vincitore di turno.
Insomma, la cosa più disarmante è che non si vede una vera via d'uscita. Il ciclismo, sport meraviglioso ma maledetto, unico, amato e seguito sempre e comunque, meriterebbe ben altro.
"se non facesse male alla salute, il doping andrebbe legalizzato"
RispondiEliminaperbacco, questo xè un genio...
Meglio abolire questo sport, perchè una disciplina in cui tutti si dopano diventa una farsa. E' un passaggio logico semplice. Non è più disciplina sportiva, ma diventa una disciplina medica o pseudo-medica. Si dopavano anche 30 anni fa ma ciò non è una giustificazione per la situazione degenere di oggi. Altro problema è che è difficile trovare degli sport puliti in genere. L'atletica è anche un colabrodo peggiore. Ma per ciò che mi riguarda, il ciclismo sarebbe da eliminare, non ha più senso seguirlo, perchè nessuno può sapere quanto dei successi degli atleti sia dovuto al loro merito o al merito dei farmaci. ... Quindi ...
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