
Ho ascoltato con grande attenzione e interesse le parole dell’ex arbitro Casarin. Trovo che la generazione di arbitri di cui fa parte Casarin batta 10 a 0 quelle successive per competenza e serietà (insopportabile il pullulare di ex modesti arbitri nelle varie trasmissioni televisive: Cesari, Tombolini, Bonfrisco, Mazzoleni pontificano dalle varie tribune, criticando aspramente gli attuali arbitri, dimenticandosi con nonchalance quanto da loro combinato sui campi di A e B). Premesso che trovo assai bassa la qualità media degli attuali fischietti italici, il buon Casarin ha parlato dell’indirizzo dato da Collina questa stagione: più tolleranza per contrasti e gioco fisico, in modo da avvicinarsi agli standard europei di tempo effettivo e numero di falli. Chiaro l’intento di favorire il mitologico “gioco all’inglese“. Ebbene, l’ex arbitro veneto ha detto che trattasi di “solenne stupidaggine, visto che il gioco all’inglese non può essere frutto della (sola) direzione arbitrale, ma logica conseguenza dell’atteggiamento dei giocatori. Il calcio all‘inglese lo deteminano i calciatori, non gli arbitri“. Due match giocati ieri sono illuminanti in tal senso. Nel primo tempo di Chelsea-Man Utd l’arbitro ha fischiato 4 falli, non perché si è dimenticato il fischietto nello spogliatoio, ma semplicemente perché i protagonisti in campo si sono battuti in modo leale e sportivo (Evans su Drogba a parte). L’esempio contrario è stato quello di Inter-Roma. Una serie infinita di falli (conto finale 28 a 12 per l’Inter con Stankovic e Thiago Motta grandi protagonisti), con proteste continue da entrambe le parti, simulazioni, giocatori a terra per banali interventi, pubblico che se non veniva fischiato un fallo cominciava ad ululare verso la terna, condizionandola nei successivi interventi. Anche la componente “tifosi“ ha una sua importanza. Provate a seguire in successione una qualsiasi partita inglese e una qualsiasi partita italiana. In Italia la gente allo stadio non tollera minimamente il contatto fisico e se un proprio giocatore cade per terra questo è sinonimo di fallo certo. In Inghilterra il pubblico esalta il gioco dinamico e fisico. Ama i contrasti e se qualcuno della propria squadra simula viene crocifisso. In Italia invece il simulatore “è stato furbo, abile...”. Probabilmente è un discorso più ampio e legato alle diverse culture sportive (un bel programma televisivo in cui si esalti il fair play, anziché ore e ore di fuorvianti moviole sarebbe auspicabile). Altro esperimento molto interessante è vedere quanti falli fischia un arbitro italiano in un match di campionato e quanti ne fischia quando va ad arbitrare un match internazionale.
Ecco, per avere il “gioco all’inglese” anche sui nostri campi occorrerebbe una crescita complessiva dell’intero movimento, a cominciare però dai protagonisti in campo. Purtroppo, penso sarà molto difficile che ciò avvenga, almeno nel futuro immediato.
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